(Rinnovabili.it) – Anche chi nega in pubblico il nesso tra emissioni e cambiamenti climatici ha il suo vaso di Pandora da proteggere. Specie se in privato quegli effetti li conosce, e da decenni, ma li tiene nascosti. Se poi questo qualcuno è uno dei big mondiali degli idrocarburi – cioè qualcuno che ha un collegamento diretto con le bizze del clima – gli interessi da tutelare schizzano alle stelle. Ecco cosa è in ballo nel braccio di ferro che sta opponendo la Exxon al tribunale federale del Massachusetts. Adesso i giudici americani gonfiano i muscoli e mettono alle strette la compagnia con uno scivolosissimo ordine di comparizione.
Qualche coordinata. La Exxon è alla sbarra per l’accusa di aver ingannato gli investitori: sapeva dei rischi legati ai cambiamenti climatici, lo sapeva anni in anticipo rispetto alla comunità scientifica, ma si è ben guardata dall’informare chi stava aprendo i portafogli per investire ancora nell’energia fossile. Anzi, ha speso milioni di dollari per negarli.
Per fare un processo ovviamente servono le prove, ed è questa la mossa del procuratore generale Maura Healey che ha da poco emesso un subpoena. Si tratta di un provvedimento che obbliga il teste a consegnare documenti in suo possesso, pena una sanzione in caso si rifiutasse.
Cosa significa? Significa che il tribunale vuole tutti i rapporti e le comunicazioni stilati negli anni dalla compagnia petrolifera a proposito dell’impatto dei cambiamenti climatici. Il procuratore sospetta che i vertici dell’azienda abbiano agito in aperta contraddizione rispetto alle minacce e ai rischi che i suoi scienziati climatici hanno delineato nel corso dei decenni. Significa che faldoni e faldoni di prove potrebbero diventare di pubblico dominio tra poco. A quel punto Exxon non potrà più negare ciò che finora è soltanto trapelato in via ufficiosa, con leak e scoop mediatici.
La Exxon, ora con le spalle al muro, ha inventato una terza via: ha chiesto al tribunale di “lasciar cadere” la richiesta, invoca l’emendamento sulla libertà di parola e bolla l’atto come una procedura irregolare. Il processo, iniziato lo scorso anno, è spinto anche dai candidati democratici alla Casa Bianca Clinton e Sanders. L’arco temporale dei fatti finiti sotto la lente arriva fino agli anni ’70.