(Rinnovabili.it) – La compagnia petrolifera Exxon Mobil è finita sotto inchiesta per aver fuorviato l’opinione pubblica e gli azionisti in merito ai rischi climatici dovuti al riscaldamento globale. La citazione in giudizio è arrivata dal procuratore generale di New York, Eric Schneiderman, e il New York Times ha riportato per primo la notizia.
Il procuratore ha richiesto nel suo mandato di comparizione un’ampia documentazione finanziaria, e-mail e altro materiale. L’indagine è volta ad appurare se le dichiarazioni rilasciate quest’anno da Exxon agli investitori in tema di rischi climatici, siano in linea con i dati emersi dalle proprie ricerche di lungo periodo. Se vi fossero discrepanze, potrebbe scapparci l’accusa di frode finanziaria.
«Respingiamo le accuse secondo cui Exxon Mobil avrebbe soppresso la ricerca sul cambiamento climatico», ha detto Kenneth Cohen, vice presidente per gli affari pubblici, aggiungendo che la società ha finanziato la scienza del clima fin dal 1970, pubblicando decine di articoli scientifici sull’argomento e svelando i rischi climatici per gli investitori.
Secondo il NYT, l’indagine Exxon potrebbe espandersi ulteriormente fino a comprendere altre compagnie petrolifere, anche al momento non sono partiti altri avvisi di garanzia. In maniera simile a ciò che avvenne per l’industria del tabacco negli anni ’50 e ’60, c’è chi intravede lo spazio per un nuovo attacco dei procuratori generali americani contro le grandi imprese che mettono a rischio la salute delle persone. Non sarebbe la prima volta che una compagnia energetica finanzia ricerche volte a negare i reali impatti del cambiamento climatico. Senza contare che, a luglio, sono trapelate alla stampa le scottanti e-mail di un esperto interno: in esse si afferma che la società era a conoscenza del legame tra combustibili fossili e cambiamento climatico già nel 1981, sette anni prima che divenisse una questione dibattuta. Allo stesso modo, sapeva che regolamenti restrittivi sulle emissioni di carbonio avrebbero potuto danneggiare il suo business, che in quegli anni si concentrava per una discreta parte nello sfruttamento di un enorme giacimento di gas nel Sud-Est asiatico. Secondo Greenpeace, la compagnia avrebbe speso 30 milioni di dollari per finanziare ricerche che rafforzassero la propria posizione.