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Exxon aveva previsto la crisi climatica decenni fa

La concentrazione di anidride carbonica ha raggiunto i massimi di sempre nel mese in corso. Secondo un documento interno del gigante petrolifero americano Exxon, i suoi tecnici l’avevano previsto con decenni di anticipo

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Credit: Mayra Beltran / Houston Chronicle

Exxon nel 1982 predisse gli odierni livelli di riscaldamento globale e di CO2 atmosferica

(Rinnovabili.it) – Dati alla mano, la concentrazione di CO2 in atmosfera non è mai stata così elevata nella storia dell’umanità. La Scienza ha ormai spiegato dettagliatamente come la crescita progressiva della temperatura media globale e della concentrazione atmosferica di CO2 siano fenomeni mutuamente collegati. I ricercatori del gigante petrolifero Exxon ne erano perfettamente a conoscenza già alcuni decenni fa, quando ancora non c’era consenso unanime all’interno della comunità scientifica.

 

Le misurazioni della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera condotte dall’osservatorio di Mauna Loa nelle Isole Hawaii, registrano valori superiori alle 415 parti per milione (ppm) dal 3 Maggio scorso. Secondo le stime più affidabili, per risalire all’ultima volta che il Pianeta potrebbe aver raggiunto livelli analoghi si dovrebbero riportare indietro le lancette del tempo a 2,5-5 milioni di anni fa, durante l’era del Pliocene. Allora il livello dei mari era in media 25 metri più elevato rispetto ad oggi e la temperatura media globale, 2-3 gradi Celsius superiore.

 

I picchi di concentrazione di CO2, così come il conseguente riscaldamento globale che stiamo oggi sperimentando, hanno origine indiscutibilmente antropica. La quota maggiore di anidride carbonica (e degli altri gas serra) emessi, sono il risultato dello sfruttamento delle risorse fossili – carbone, petrolio e gas naturale – esercitato dall’uomo fin dalla prima Rivoluzione Industriale. I gas serra influenzano e disequilibrano il bilancio energetico globale agendo sull’atmosfera esattamente come una “coperta”, trattenendo il calore riemesso dalla superficie terrestre prevalentemente nella regione dell’infrarosso, tramite il fenomeno dell’effetto serra. Tutto ciò è ormai documentato ampiamente e nei particolari. Ciò che sorprende è tuttavia che la trasformazione del clima a cui stiamo assistendo, era stata prevista con straordinaria precisione dagli scienziati di Exxon alcuni decenni fa, quando gli stessi giganti dell’energia – le cosiddette “Big Oils” – ufficialmente negavano con vigore qualsiasi azione umana sul cambiamento climatico.

 

Figura-1: andamenti della concentrazione di CO2 atmosferica e dell’incremento della temperatura media globale. Periodo 1960-2100. Immagine tratta dal documento di Exxon
Figura-1: andamenti della concentrazione di CO2 atmosferica e dell’incremento della temperatura media globale. Periodo 1960-2100. Immagine tratta dal documento di Exxon

Secondo un documento interno elaborato dalla “Exxon Research and Engineering Company” datato 1982, la compagnia già allora avrebbe elaborato modelli che stimavano sia la concentrazione di CO2, che l’entità del global warming con estrema precisione nell’arco di diversi decenni a venire. In particolare, secondo il grafico in Figura-1 che mostra “la crescita della CO2 atmosferica e dell’incremento della temperatura media globale” nel tempo, gli esperti del gigante USA si aspettavano che entro il 2020 l’anidride carbonica raggiungesse le circa 400-420 ppm. I valori di questo mese che si attestano intorno alle 415 ppm sono straordinariamente in linea con la curva stimata da Exxon, all’interno dello scenario “XXI secolo – Crescita Elevata”.

 

 

In altre parole, non solo Exxon predisse la crescita esponenziale delle emissioni e della temperatura globale all’interno di un contesto di sviluppo che poggiava totalmente sullo sfruttamento delle fossili come quello di allora (e di oggi), ma era perfettamente a conoscenza di quanto fossero gravi le sue conseguenze: “una pericolosa incertezza circonda i possibili impatti sulla società che un progressivo aumento della temperatura globale potrebbe indurre”, si legge nel documento. “Anche l’estremità più bassa del range dell’innalzamento di temperatura potrebbe causare impatti negativi sull’andamento dell’agricoltura e sulla frequenza delle precipitazioni”. Si legge ancora: “L’estremità più alta del range, potrebbe invece innescare fenomeni considerevolmente dannosi come l’inondazione delle aree costiere del Pianeta più esposte, risultato dell’aumento del livello del mare causato dello scioglimento dei ghiacci”. Il documento prosegue stimando che la temperatura media globale sarebbe potuta salire di circa 3 °C nel giro di un secolo.

Insomma, il gigante petrolifero USA all’inizio degli anni ’80 era perfettamente cosciente che se l’umanità non avesse voluto sperimentare gli effetti del climate change durante il XXI secolo, la maggioranza delle riserve di fonti fossili del mondo avrebbero dovuto rimanere sottoterra, dove la natura e l’azione del tempo le aveva confinate. Il fatto che Exxon conoscesse con questo grado di precisione gli effetti dell’azione antropica sul clima è quantomeno curioso, specie pensando a come poi la stessa multinazionale americana scelse di non cambiare (o se non altro adattare) di conseguenza il suo modello di business. Al contrario, come noto scelse di investire pesantemente in campagne di disinformazione che promuovessero il negazionismo climatico, confondendo le opinioni pubbliche e delegittimando talvolta gli scienziati che allora predicavano nel deserto.

Il mondo sta già attualmente sperimentando gli impatti del cambiamento climatico. La concentrazione di CO2 atmosferica cresce al ritmo di 3-4 ppm ogni anno. Ciò significa che nel giro di un decennio raggiungeremo le circa 450 ppm, che secondo lInternational Panel on Climate Change (IPCC) corrispondono ad un innalzamento della temperatura media globale di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali. Per invertire questa tendenza si dovrebbero ridurre le emissioni globali di gas serra del 5-10% ogni anno, da ora. Non pare difficile immaginare chi al momento non abbia alcun interesse a farlo.

 

Figura-2: l’ultima rilevazione disponibile della concentrazione di CO2 atmosferica, stazione di Mauna Loa. Credits: Scripps Institution of Oceanogrphy.
Figura-2: l’ultima rilevazione disponibile della concentrazione di CO2 atmosferica, stazione di Mauna Loa. Credits: Scripps Institution of Oceanogrphy.