(Rinnovabili.it) – Per decenni l’industria del tabacco ha negato il legame tra il fumo e l’insorgenza del cancro. Lo stesso ha fatto Exxon, la più grande compagnia petrolifera del mondo, con il cambiamento climatico. Già nel 1981, sette anni prima che diventasse una questione pubblica, il colosso americano conosceva lo scenario che stava contribuendo a delineare, eppure da quel giorno, per oltre 27 anni, ha negato l’esistenza del riscaldamento globale causato dall’uomo. Non solo: secondo Greenpeace avrebbe speso 30 milioni di dollari per finanziare ricerche che rafforzassero la propria posizione.
La nuova onda di sdegno internazionale che cala su Exxon è stata sollevata da una email scritta da uno degli esperti legati alla società, sollecitato da una richiesta di informazioni sull’etica aziendale dell’Institute for Applied and Professional Ethics dell’Università dell’Ohio. La missiva fornisce la prova che la compagnia era a conoscenza del legame tra combustibili fossili e cambiamento climatico, così come sapeva che regolamenti restrittivi sulle emissioni di carbonio avrebbero potuto danneggiare il suo business, che in quegli anni si concentrava per una discreta parte nello sfruttamento di un enorme giacimento di gas nel Sud-Est asiatico. Il sito, denominato East Natuna, si trova al largo delle coste dell’Indonesia e contiene 6.300 miliardi di metri cubi di gas naturale.
«Exxon si è interessata al cambiamento climatico nel 1981 perché stava cercando di sviluppare il giacimento di gas Natuna al largo dell’Indonesia – ha scritto nella email, pubblicata in un dossier della Union of Concerned Scientists, l’ex esperto di clima di Exxon, Lenny Bernstein – Si tratta di un’immensa riserva di gas naturale, che contiene però CO2 per il 70%». Che va separata dal metano e smaltita in sicurezza. Ma nel 1981 non si andava molto per il sottile in quest’ultimo passaggio, considerato un costo aggiuntivo.
Bernstein è un ingegnere chimico esperto di clima, autore principale di due relazioni scientifiche dell’IPCC. Era chiaro che, se sviluppato, il bacino Natuna sarebbe diventato una «bomba di carbonio», ha detto l’ingegnere. La CO2 che è stata bruciata e diffusa in atmosfera ha reso il sito la più grande fonte globale di emissioni, con circa l’1% del totale.