L’analisi di 565 viaggi compiuti dal 1° gennaio – quando è entrato in vigore l’obbligo, per le compagnie di navigazione, di acquistare crediti di carbonio – rivela che gli operatori del settore non solo stanno scaricando i costi aggiuntivi sui consumatori UE, ma stanno usando l’ETS per ritagliarsi margini di profitto ulteriori. Fino a 300mila euro da un singolo viaggio
Lo studio di Transport & Environment
(Rinnovabili.it) – L’Italia, insieme ad altri paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, teme che l’estensione del mercato del carbonio alle navi in vigore dal 1° gennaio scorso svantaggerà i suoi porti. Le compagnie di navigazione sarebbero scoraggiate dai costi più alti e potrebbero preferire altri scali, magari in Nord Africa, affossando i volumi di traffico nei porti europei, compiendo viaggi più lunghi e quindi generando ancora più emissioni. Per questo Italia, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna avevano chiesto alla Commissione a fine 2023 di ripensarci. La realtà è ben diversa. L’industria dello shipping sta approfittando dell’ETS marittimo per aumentare i guadagni. Approdando sempre sulle coste europee.
Le compagnie hanno, è vero, costi più alti da sostenere. L’ETS marittimo impone agli operatori di acquistare crediti di carbonio per le emissioni che generano, esattamente come già avviene per gli altri settori industriali coperti dal mercato del carbonio europeo. Ma stanno esternalizzando questi costi: facendoli pagare tutti ai consumatori europei, e guadagnandoci pure più di prima.
“Sembra che i giganti del trasporto marittimo stiano derubando i clienti utilizzando misure ambientali come un modo per far pagare di più ai clienti. Che si tratti di un’interruzione nel Mar Rosso o di un nuovo prezzo del carbonio, le compagnie di navigazione vincono sempre. I governi dell’Europa meridionale avvertono che l’ETS costerà loro gli affari a causa delle navi che evitano i loro porti, ma perché dovrebbero farlo se ne traggono profitto?”, attacca Jacob Armstrong di Transport & Environment.
L’ETS marittimo è la gallina dalle uova d’oro per lo shipping
L’ong T&E ha pubblicato oggi un rapporto che passa ai raggi x la reazione del trasporto marittimo nei primi 3 mesi di applicazione dell’ETS marittimo. Dall’analisi di 565 viaggi compiuti da 20 diverse navi delle 4 maggiori compagnie europee di shipping – MSC, Maersk, Hapag-Lloyd e CMA CGM – verso porti europei dal 1° gennaio a oggi, emerge che questi soggetti ricaricano i prezzi in modo da ritagliarsi un margine ulteriore di profitto di decine e spesso anche centinaia di migliaia di euro per ogni singolo viaggio.
Il rapporto stima che Maersk realizzi i maggiori profitti, in media, da questa “sovrattassa”: circa 60.000 euro per viaggio. Seguono poi MSC (25.000 euro), Hapag Lloyd (23.000 euro) e CMA CGM (14.000 euro). Nel caso peggiore, una nave container di Maersk ha realizzato un extraprofitto di 300mila euro con un solo viaggio.
Non è l’ETS marittimo europeo a dover essere cambiato, quindi, per scongiurare un aumento delle emissioni dovuto a tragitti più lunghi per evitare i porti europei. Altri fattori – tra cui la parziale chiusura del mar Rosso dovuta agli attacchi degli Houthi dallo Yemen – pesano molto di più, anche in termini di ricarico dei costi per i consumatori. Lo studio di T&E calcola che l’ETS marittimo incida sull’1% del costo finale, mentre le deviazioni causate dalla guerra in Palestina arrivano a pesare fino al 18%.
“Con le economie di scala il settore del trasporto marittimo può assorbire shock di prezzo piuttosto consistenti. Lo sconvolgimento del Mar Rosso è davvero grave e il commercio globale non si è ancora fermato. L’ETS è una sciocchezza in confronto. Il costo non è un ostacolo alla decarbonizzazione dello shipping, quando misure verdi più ambiziose aggiungono solo pochi centesimi alla maggior parte dei beni di consumo”, conclude Armstrong.