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Emissioni: la performance italiana settore per settore

Dal 1990 ad oggi il Protocollo di Kyoto ha imposto obiettivi di riduzione delle emissioni. Ecco come il nostro Paese ha svolto i compiti a casa

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(Rinnovabili.it) – «In Italia, nel 2013, le emissioni totali di gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono diminuite del 6.7% rispetto all’anno precedente e del 16.1% rispetto all’anno base (1990)». Lo riporta l’ISPRA, istituto nazionale cui l’UNFCCC affida il calcolo della situazione italiana. Gli esperti hanno realizzato l’inventario nazionale delle emissioni in atmosfera dei gas serra per l’anno 2013 e hanno diffuso anche i dati preliminari 2014: essi «mostrano ancora un’ulteriore flessione rispetto al 2013, con un livello emissivo totale pari a 417 milioni di tonnellate di CO2 equivalente».

Si è appena concluso il cosiddetto true-up period del Protocollo di Kyoto, che ha visto l’Unione europea e tutti gli Stati membri raggiungere l’obiettivo per il periodo 2008-2012. Ora tutti aspettano gli output di Parigi: alla COP 21 si attende un accordo che permetta di mettere in atto nuove misure a partire dal 2020. Nei 5 anni che ci separano dall’avvio delle nuove politiche decise nel quadro dell’UNFCCC, alcuni Paesi hanno aderito al Kyoto bis, che prolunga gli impegni precedenti. In particolare, l’Ue (e dunque anche l’Italia) ha fissato una riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020 rispetto al 1990.

 

Emissioni la performance italiana settore per settore

 

È in questa cornice che l’ISPRA colloca il suo inventario, notando che tra il 1990 e il 2013 le emissioni di tutti i gas serra sono passate da 521 a 437 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Ciò è stato possibile, in particolare, grazie al calo della CO2, che contribuisce per l’82% al totale. Queste emissioni sono scese del 17,4% dal 1990 al 2013, in particolare a causa della riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali che la crisi ha innescato. Un ruolo minore, ma indice di una direzione che va imboccata con più coraggio lo giocano le fonti rinnovabili (in particolare idroelettrico ed eolico) e l’efficienza energetica.

L’ISPRA descrive poi lo stato degli altri gas climalteranti: «Le emissioni di metano (CH4) e di protossido di azoto (N2O) sono rispettivamente pari a circa il 10.1% e 4.4% del totale e sono in calo sia per il metano (-18.3%) che per il protossido di azoto (-29.6%). Gli altri gas serra, gas fluorurati quali idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC), trifluoruro di azoto (NF3) e esafluoruro di zolfo (SF6), hanno un peso complessivo sul totale delle emissioni che varia tra lo 0.01% e il 2.6%; le emissioni degli HFC evidenziano una forte crescita, mentre le emissioni di PFC decrescono e quelle di NF3 e SF6 mostrano un minore incremento».

 

L’Europa ha già superato i target 2020 per le emissioni 3Metà delle emissioni sono dovute ai trasporti e alla produzione energetica. In particolare, nel primo dei due, i gas serra sono in crescita dello 0,2% rispetto al 1990. Questo significa che uno dei comparti cruciali per la transizione sostenibile non è stato riformato a dovere.

Sempre rispetto al 1990, nel 2013 le emissioni delle industrie energetiche sono diminuite del 21.9%, mentre quelle del settore residenziale e dei servizi sono cresciute del 9,4%. L’introduzione del gas naturale al posto dell’olio combustibile nell’industria manifatturiera ha portato a un taglio di emissioni pari al 42%, aiutato anche dalla crisi economica. Anche l’agricoltura ha visto un calo del 14,9% grazie alla crisi dell’allevamento di animali e al minor uso di fertilizzanti azotati.

Nella gestione e trattamento dei rifiuti, infine, l’ISPRA stima che le emissioni siano «diminuite del 20.5%, e sono destinate a ridursi nei prossimi anni»: meno gas dallo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in discarica, dunque, grazie al «miglioramento dell’efficienza di captazione del biogas e la riduzione di materia organica biodegradabile» dovuta alla raccolta differenziata.