La rimozione e la riduzione di emissioni di gas-serra devono essere due obiettivi ben separati. A dirlo è uno studio dell'Università di Lancaster che mette in guardia dalle compensazioni e dalle promesse tecnologiche sulle emissioni negative
La promessa delle emissioni negative rischia di allontanare dall’obiettivo della riduzione di CO2
(Rinnovabili.it) – Oltre alla riduzione dell’emissione di gas serra, l’IPCC ha messo in evidenza la necessità di sviluppare tecnologie per le emissioni negative, vale a dire per eliminare dall’atmosfera la CO2 in eccesso. Ciò significa non solo diminuire esponenzialmente la produzione antropica di gas-serra, ma anche rimuovere l’anidride carbonica rilasciata nei decenni a causa dell’impiego di combustibili fossili.
Rispetto a queste indicazioni, una ricerca del Lancaster Environment Centre mette in luce il pericolo di fare affidamento sulle future tecnologie per rimuovere la CO2, pensando in questo modo di poter compensare nei prossimi anni le emissioni attuali senza agire subito per la loro riduzione. Per quale motivo? La ragione risiede proprio nella necessaria interazione fra questi due obiettivi (la riduzione e la rimozione), che non possono essere affrontati come se fossero un unico problema.
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Infatti, l’obiettivo delle zero emissioni può essere raggiunto solo attraverso due condizioni: contemporaneamente, smettere di rilasciare gas-serra e rimuovere la CO2 presente nell’atmosfera. L’obiettivo viene pienamente raggiunto quando queste due condizioni sono in equilibrio fra loro, vale a dire quando le emissioni residue di gas-serra sono subito compensate dall’eliminazione di CO2. L’una non può sussistere senza l’altra: se ci sono più emissioni, queste devono essere ribilanciate dalla rimozione; se si rimuove gas-serra, ma non ci si preoccupa di diminuire le emissioni, si rischia di svuotare con un bicchiere una nave che imbarca acqua.
I piani a zero emissioni che si affidano alle promesse di una futura rimozione del carbonio – invece di ridurre le emissioni ora – stanno pertanto portando avanti una pericolosa scommessa. Se le tecnologie previste per il 2040 utili a rimuovere le enormi quantità di CO2 non funzionassero come previsto (cosa non improbabile, non esistendo attualmente dei sistemi tecnici adeguati per la loro implementazione), potrebbe non essere più possibile compensare le emissioni cumulate nel tempo.
Da questo punto di vista, infatti, le interviste condotte nell’ambito della ricerca dell’Università di Lancaster – e che hanno coinvolto circa 80 persone del mondo della politica, dell’economia, dell’accademia e del no profit – mettono in luce come la promessa futura di tecnologie per le emissioni negative faccia da deterrente per la riduzione e la mitigazione.
In parte, ciò è dovuto al fatto che, nei modelli di valutazione, le future emissioni negative possono apparire più economiche delle azioni per un’immediata mitigazione, poiché i costi delle prime vengono considerati come ammortizzabili nei decenni a venire. In alcuni casi, il calcolo delle future emissioni negative ha già sostituito la riduzione delle emissioni. Infatti, alcune aziende stanno fissando obiettivi aziendali a zero emissioni che implicano “compensazioni” di emissioni negative. Ad esempio, l’aeroporto di Heathrow sta pagando per il ripristino delle torbiere in Uk come compensazione per le emissioni dovute alle operazioni aeroportuali: il già citato bicchiere per svuotare la nave.
Secondo la ricerca, dunque, se le emissioni negative sono necessarie all’obiettivo delle zero emissioni, ma anche molto incerte, sembrerebbe fondamentale garantire sin da subito una rapida riduzione di CO2, anziché rallentarla con promesse future. Ma in che modo è possibile mantenere un equilibrio?
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Innanzitutto, un meccanismo sarebbe quello di insistere sulla separazione formale dell’obiettivo di riduzione e dell’obiettivo di rimozione, piuttosto che combinarli insieme. Infatti, definire e gestire separatamente l’obiettivo di emissioni negative (a livello nazionale, internazionale e settoriale), potrebbe aiutare a garantire che la riduzione di CO2 sia adeguatamente valutata. Questo potrebbe portare, teoricamente, ad una riduzione degli incentivi per le emissioni negative (o, detta altrimenti, una riduzione degli incentivi per le compensazioni), immaginando in questo modo un aumento dei prezzi del carbone che stimoli una decarbonizzazione più rapida.
Un esempio lampante è quello dell’agricoltura, che potrebbe contribuire in modo significativo alle emissioni negative attraverso lo stoccaggio del carbonio nel suolo. Ma se l’obiettivo della rimozione venisse semplicemente perseguito con la “compensazione” degli impatti della produzione di carne, non si otterrebbero dei concreti benefici in termini di riduzione e il potenziale del settore agricolo per contribuire alle zero emissioni sarebbe nullo.
Una chiara separazione degli obiettivi, inoltre, non solo avrebbe importante implicazioni giuridiche, con regole più chiare e stringenti per chi produce emissioni, ma sarebbe anche un netto disincentivo alla retorica della politica, che non potrebbe più nascondersi dietro gli slogan degli ultimi anni.