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Il MIT mette l’industria del cemento a dieta di CO2

Il MIT mette l’industria del cemento a dieta di CO2

 

(Rinnovabili.it) – Come materiale tra i più utilizzati dall’industria delle costruzioni, il cemento porta con sé non poche implicazioni a livello ambientale: da solo è responsabile di un decimo delle emissioni di anidride carbonica del settore. La responsabilità maggiore va alla produzione del clinker, componente base del cemento; il processo richiede una combustione ad alta temperatura che oltre ad essere particolarmente energivora determina, come ogni combustione, il rilascio di CO2. Inoltre, nell’aria viene disperso anche il CO2 geogeno proveniente dal calcare, che sommandosi a quella post-combustione determina per ogni una tonnellata di cemento prodotta il rilascio di circa 590 chilogrammi di biossido di carbonio. Ora però, qualcosa potrebbe  cambiare.

 

Un nuovo studio condotto da un team del MIT di Boston suggerisce un modo con cui ridurre di oltre la metà le emissioni del cemento, ottenendo in cambio un materiale più forte e durevole. Gli scienziati hanno per prima cosa esaminato la composizione del calcestruzzo e in particolare il rapporto tra calcio – contenuto nel calcare – e silice – contenuta nell’argilla. Tale rapporto può variare tra 1,2 e 2,2, anche se normalmente 1,7 è lo standard per la produzione di cemento. I ricercatori hanno confrontato la composizione chimica di tutto il range di combinazioni calcio-silice determinando che il rapporto 1,5 fosse il vero mix ottimale. Secondo il team, infatti, questo leggero cambiamento potrebbe ridurre le emissioni di carbonio di ben il 60 per cento. Poiché il rapporto varia, anche la struttura molecolare del materiale cambia, passando da un pattern cristallino ben ordinato ad uno vetroso disordinato. A questo punto spiegano gli scienziati, il materiale può raggiungere “due volte la resistenza del cemento normale”.

 

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