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Emissioni dei fast food, nel mirino i giganti del settore

In una lettera congiunta, più di 80 investitori chiedono la riduzione delle emissioni dei fast food e l’attuazione di politiche e obiettivi significativi per ridurre l’impronta di carbonio delle loro catene di approvvigionamento di carne e latticini

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I firmatari chiedono un’azione significativa nella riduzione delle emissioni dei fast food entro marzo

 

(Rinnovabili.it) – Le emissioni dei fast food non passano inosservate. In una lettera congiunta, più di 80 investitori chiedono ai giganti del fast food di attuare politiche e obiettivi significativi per ridurre l’impronta di carbonio delle loro catene di approvvigionamento di carne e latticini. Le firme arrivano da un gruppo di aziende, che complessivamente gestiscono 6,5 miliardi di dollari, che sostiene che il settore degli allevamenti sia uno di quelli con i più alti livelli di emissioni, privo però di un piano di riduzione della CO2. Nel mirino sono finite alcune delle più grandi aziende del settore globale del fast food, quali McDonald’s, Domino’s Pizza, Burger King, Chipotle Mexican Grill, Wendy’s, Pizza Hut e KFC, un gruppo i cui fatturati messi insieme ammontano a 570 miliardi di dollari. 

 

Le emissioni agricole, comprese quelle derivanti da carne e prodotti lattiero-caseari, sono sulla buona strada per contribuire a circa il 70% delle emissioni totali di gas serra consentite entro il 2050. Inoltre, secondo le stime, il settore zootecnico utilizza circa il 10% dei flussi idrici globali annuali. Nella lettera si chiede ai big del fast food di stabilire obiettivi quantitativi e vincolanti per le riduzioni delle emissioni e di divulgare pubblicamente i progressi fatti, non solo per salvare il clima, ma anche per minimizzare i loro rischi futuri. “Il rischio di mercato, l’aumento delle temperature globali e l’intensificarsi della concorrenza per l’accesso all’acqua sono fattori sempre più importanti per gli investitori”, ha dichiarato Eugenie Mathieu, di Aviva Investors, uno dei firmatari. “Questo è particolarmente vero nel settore della carne e dei prodotti lattiero-caseari – ha aggiunto – dal campo alla tavola, gli investitori vogliono capire quali aziende alimentari stanno monitorando e riducendo al minimo i rischi ambientali a lungo termine nella loro catena di approvvigionamento”.

 

Puntuale la risposta di McDonald’s che, tramite un portavoce, ci ha tenuto a precisare che nel 2018 l’azienda è diventata la prima società di ristorazione al mondo ad affrontare il cambiamento climatico globale fissando un obiettivo per ridurre le emissioni di gas serra, approvato da Science Based Targets. “Questo include – ha riferito il portavoce – la riduzione dell’intensità delle emissioni nella nostra catena di approvvigionamento attraverso l’impegno e la collaborazione con fornitori e agricoltori, che prevediamo impedirà che 150 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra vengano rilasciate in atmosfera entro il 2030”.

 

Il consumo di carne e prodotti caseari è stato oggetto di rinnovata attenzione nelle scorse settimane, dopo la diffusione della dieta planetaria che, per nutrire una popolazione prevista di dieci miliardi di persone entro la metà del secolo, implicherebbe una riduzione del 90% della carne rossa e del consumo di latte. Se queste raccomandazioni avranno un impatto reale, il settore del fast food dovrà prendere misure più forti. E i firmatari della lettera chiedono un’azione significativa nella riduzione delle emissioni dei fast food entro marzo.