(Rinnovabili.it) – Il pacchetto clima energia 2030 presentato nel 2014 dalla Commissione europea era apparso fin da subito come un’intesa al ribasso. Obiettivi vaghi e per lo più non vincolanti, lontani anni luce da quell’impegno preso con la precedente direttiva, il pacchetto 20-20-20, avevano mostrato tutta la debolezza di un’Europa sempre più in balia delle lobby del fossile.
E non migliorano certo la situazione, i nuovi target nazionali, presentati oggi dall’esecutivo europeo all’interno di un gruppo di misure “per accelerare la transizione verso un’economia low carbon”.
Il pacchetto clima energia annunciato due anni fa prevedeva come unico obiettivo vincolante la riduzione “collettiva” delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990; riduzione da attuare in tutti i settori dell’economia. Le proposte avanzate oggi da Bruxelles ripartono da qui, stabilendo dei target nazionali per gli Stati membri in materia di emissioni per il periodo 2021-2030, nei settori dei trasporti, dell’edilizia, dell’agricoltura, dei rifiuti, dell’uso del suolo e della silvicoltura.
Rispetto a quanto previsto originariamente, sono state introdotte delle novità: i target nazionali saranno vincolanti per i paesi e saranno in realtà composti da tetti emissivi annuali, uno per ogni anno, dal 2021 al 2030. Per il calcolo, Bruxelles si è affidata al prodotto interno lordo procapite: più alto è il PIL, maggiore sarà l’obiettivo assegnato.
Per raggiungerli gli Stati membri potranno contare su strumenti di “flessibilità” vecchi e nuovi. Vecchi come l’ETS europeo per lo scambio delle quote di carbonio, e nuovi come i crediti per l’uso del suolo, derivati ad esempio dal mantenimento delle foreste o dalla conversione di seminativi in prati. E se un durante un anno lo Stato avrà raggiunto un taglio di emissioni superiore a quanto richiesto, potrà mettere questo surplus “in banca” e utilizzarlo quando in difficoltà a mantenere il trend imposto dall’Europa
L’Italia, ad esempio, dovrà raggiungere una riduzione finale delle emissioni al 2030 del 33%, potendo contare fino allo 0,3% sui crediti di carbonio derivati dall’uso del suolo.
Mettendo da parte i meccanismi di flessibilità, uno dei grossi nei della nuova proposta è l’assenza – come fa notare Legambiente – di uno strumento di revisione automatica dei target nazionali (al momento non prevista dalla proposta adottata oggi dalla Commissione); strumento necessario sia per semplificare la procedura legislativa che per attuare tempestivamente la revisione degli impegni che nel 2018 l’Europa è chiamata ad assumere nell’ambito dell’Accordo di Parigi. Revisione che dovrà comunque essere effettuata nel corso dei negoziati sulla Brexit, visto che i target nazionali proposti oggi includono anche il Regno Unito.
La palla passa ora a Parlamento e Consiglio che devono trovare un accordo sul testo finale del regolamento entro la fine del 2017, in modo da essere pronti per la revisione degli impegni previsti nel 2018 dall’Accordo di Parigi.