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Ecomafia 2013: l’Italia culla dell’illegalità

Presentata la nuova edizione del Rapporto Ecomafia 2013: l'Italia è nella morsa degli illeciti che, oltre a danneggiare l'ambiente, minacciano costantemente l'economia del paese

Legambiente rapporto ecomafia(Rinnovabili.it) – 16,7 miliardi di euro di fatturato, 34.120 reati accertati, 28.132 persone denunciate, 8.286 sequestri effettuati. Ecco i preoccupanti dati che emergono dal rapporto di Legambiente Ecomafia 2013.

All’evento di presentazione del documento hanno preso parte,  tra gli altri, il Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, il Presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza e il responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente Enrico Fontana. Il rapporto, edito da Edizioni Ambiente, vanta la prefazione parole di Carlo Lucarelli che traccia con poche righe la preoccupante situazione in cui versa la nostra penisola “Con una lungimiranza e una profondità che politici, imprenditori, istituzioni e cittadini spesso non hanno o fanno finta di non avere, (le mafie) sono riuscite a fare sistema penetrando in tutti i settori della nostra esistenza in maniera globale e totalitaria”.

Aumenta quindi l’illegalità ambientale italiana, concentrata soprattutto in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia a cui fa seguito il Lazio con un aumento dei reati che rispetto al 2011 segnano un +13,2% mentre nel nord Italia la prima regione è la Liguria con 1597 reati (1.597 reati, +9,1% sul 2011).

Il 2012 è stato un anno nero anche per gli illeciti contro fauna e flora con un +6,4% rispetto al 2011 il che significa che si compiono circa 22 reati al giorno che crescono insieme al numero degli incendi. In testa alla classifica dell’illegalità ambientale la Campania che pur registrando un calo degli illeciti ha segnalato 1.597 reati, +9,1% rispetto al 2011.

Nel ciclo illegale del cemento bisogna segnalare il secondo posto della Puglia mentre al nord primeggia in negativo la Lombardia ma fa riflettere anche l’aumento degli illeciti in Trentino Alto Adige.

Nel ciclo dei rifiuti a figurare è sempre la Puglia con un +24% dei reati che gli hanno fatto ottenere il terzo posto dopo Campania e Basilicata. Tra le province primeggia Napoli, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un + 120% di reati accertati rispetto al 2011.

 

“Quella delle Ecomafie – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza  – è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Che continua a costruire case abusive quasi allo stesso ritmo di sempre mentre il mercato immobiliare legale tracolla. Con imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, quando quelle che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti. Un’economia che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss, e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l’evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi. Le pene per i reati ambientali, infatti, continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale e l’abbattimento degli edifici continua ad essere una eventualità remota. Anzi, agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta la sciagurata idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive”.

 

Nota positiva però nell’edilizia la registrazione di un calo delle costruzioni abusive che da 30mila del 2006 sono passate a 26mila nel 2013.

 

UN GIRO D’AFFARI INTERNAZIONALE

 

Ma la criminalità ambientale per far crescere il proprio giro ha anche bisogno di mezzi e materiali. L’Ufficio centrale antifrode delle dogane ha fatto sapere che “i quantitativi di materiali sequestrati nei nostri porti nel corso del 2012 sono raddoppiati rispetto al 2011, passando da 7.000 a circa 14.000 tonnellate grazie soprattutto ai cosiddetti cascami, cioè materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l’economia legale del riciclo, che invece finiscono in Corea del Sud (è il caso dei cascami di gomma), Cina e Hong Kong (cascami e avanzi di materie plastiche, destinati al riciclo o alla combustione), Indonesia e di nuovo Cina per carta e cartone, Turchia e India, per quelli di metalli, in particolare ferro e acciaio” si legge nel rapporto dove viene chiarito che un’attività illecita di questo genere oltre al danno ambientale crea anche un danno all’economia visto che le imprese che operano nel rispetto delle norme vigenti vedono scendere il numero delle richieste, troppo care rispetto alle manovre illegali.

“I numeri e le inchieste riassunte in questo rapporto  – ha dichiarato il responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente Enrico Fontana – impongono, l’adozione di un pacchetto di misure indispensabili per contrastare in maniera decisamente più efficace la minaccia rappresentata dai fenomeni di criminalità ambientale che avvelenano il nostro paese. La prima proposta riguarda l’introduzione dei delitti ambientali nel nostro codice penale, con l’approvazione  del disegno di legge già licenziato dal governo Prodi nel 2007 e ripresentato in questa legislatura dal presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci, che consentirà alla magistratura e alle forze dell’ordine di intervenire in maniera adeguata perché frutto di un’attenta e obiettiva valutazione dei fenomeni criminali, delle loro cause e delle loro conseguenze. La riforma del sistema di tutela penale dell’ambiente, prevista peraltro dalla direttiva Ue 99 del 2008 “sulla tutela penale dell’ambiente”, che l’Italia ha formalmente recepito ma sostanzialmente disatteso, deve essere accompagnata da un’altra iniziativa legislativa non più rinviabile: l’introduzione di norme che rendano effettiva l’azione di contrasto dell’abusivismo edilizio con la definizione di tempi e modalità certe in cui censire ed eseguire le demolizioni; il rafforzamento del fondo a disposizione dei comuni per procedere agli abbattimenti; sanzioni più severe, fino alla misura estrema dello scioglimento degli enti locali inadempienti”.