(Rinnovabili.it) – La bufera scatenata in Marocco dalle 2.500 t di ecoballe arrivate da Napoli ha messo il governo con le spalle al muro. L’indignazione della società civile marocchina è montata al grido di “Non vogliamo diventare la pattumiera dell’Europa”, forte di 20mila firme raccolte in poche ore per bloccare l’incenerimento del carico sospetto di rifiuti. Dopo giorni di mezze spiegazioni, contraddizioni palesi e retromarce, la ministra dell’Ambiente Hakima el-Haite prova a mettere una pietra sopra tutta la vicenda.
In una conferenza stampa, el-Haite – lasciata sempre più sola dal resto dell’esecutivo, che non vuole imbrattarsi l’immagine così a ridosso delle elezioni – ha tentato di fare chiarezza. Ma più che scendere nei dettagli e rispondere punto su punto alle perplessità avanzate dalla Coalizione marocchina per la giustizia climatica (CMJC), piattaforma che unisce 200 associazioni ambientaliste, ha preferito guardare oltre e rilanciare.
Perché il Marocco accetta di bruciare nei forni dei cementifici 2.500 t di rifiuti tossici provenienti da Taverna del Re? «Il Marocco importa ogni anno 450mila t di rifiuti CDR – ha replicato el-Haite – Cerchiamo di sviluppare una filiera dei rifiuti esemplare e stiamo preparando un summit sul tema prima della COP22». Tutto normale, quindi, secondo la ministra. Che da un lato si fa scudo della conferenza sul clima in programma a Marrakesh a metà novembre, mentre dall’altro fornisce generiche rassicurazioni sull’assenza di rischi per la salute.
Parole insufficienti, che hanno lasciato gli ambientalisti – oggi in piazza davanti al ministero dell’Ambiente per protestare – senza risposte adeguate. Perché anche se lo scopo è costruire una filiera nazionale (rispettando gli accordi internazionali in merito e le leggi nazionali), resta il dubbio che si stiano spedendo ai forni dei cementifici (considerati poco adeguati perché hanno temperature sui 1500°) dei rifiuti tossici. La ministra ha ricordato che il carico partito dall’Italia ha dovuto passare 19 autorizzazioni prima di salpare. La settimana scorsa aveva promesso ulteriori accertamenti da parte delle autorità marocchine.
Ma i problemi restano, e sono proprio legati alla natura delle ecoballe. Come spiegava l’ingegner Paolo Rabitti, esperto di questa tipologia di rifiuti, in un’intervista al Manifesto di due giorni fa: “La molecola della diossina si rompe a temperature elevate, perciò l’obbligo di legge è incenerire i rifiuti a 850° ma non basta una temperatura più alta perché senza adeguati sistemi di abbattimento, come quello catalitico denonimato denoix nel rapporto Bref con le prescrizioni di Bruxelles, la diossina si riforma dopo la combustione, si chiama diossina de novo. I forni dei cementifici non hanno questi sistemi, ma in Marocco le prescrizioni e le multe europee non valgono”.