Lo Stato insulare del Mar dei Caraibi si candida a divenire modello di resilienza climatica. E ricorda al mondo: "Siamo in prima linea in una guerra che non abbiamo scelto"
(Rinnovabili.it) – Diventare il primo Paese al mondo resiliente ai cambiamenti climatici. Così, la Dominica rialza la testa dopo la catastrofe ambientale che si è battuta lo scorso mese sull’isola e le contigue aree atlantiche. Il 18 settembre l’urgano Maria ha investito la nazione, passando sulla rotta già devastata dai cicloni atlantici Irma, José e Harvey, e lasciando dietro di sé almeno 15 morti e 20 dispersi. Le immagini dei giorni successivi alla tragedia mostrano un paese completamente sconvolto, senza acqua, elettricità, ripari e servizi di base.
Ma la nazione si sta già rimboccando le maniche per ricostruire quanto andato distrutto, e fare di questa rinascita un qualcosa in più: un Paese in grado di resistere ad un clima avverso, divenuto negli anni sempre più furioso. “La nostra devastazione è così completa che il nostro recupero deve essere totale”, ha affermato il primo ministro dominicano Roosevelt Skerrit. “Abbiamo un’occasione unica per essere un esempio per il mondo, un esempio di come un’intera nazione reagisce a un disastro e di come possa divenire, in futuro, resiliente”.
Il proposito è stato accolto con calore dal segretario generale dell’ONU António Guterres, arrivato in questi giorni a Roseau, la capitale, per valutare i danni e pianificare i prossimi aiuti. Parlando alla conferenza stampa congiunta con Skerrit, Guterres ha riportato quelle che sono le preoccupazioni già condivise con Antigua e Barbuda “Una di queste è riuscire ad assicurarsi che la comunità internazionale riconosca pienamente che l’intensità degli uragani e la moltiplicazione di questi eventi nei Caraibi durante questa stagione non è un incidente. È il risultato del cambiamento climatico”.
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Citando l’ultimo report dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), il Segretario generale ha ricordato come i disastri naturali si siano triplicati in questi anni, facendo addirittura quintuplicare i danni economici ad essi associati. “Oggi – ha aggiunto – esiste la prova scientifica che il climate change è in gran parte responsabile del drammatico aumento d’intensità e devastazione degli uragani caraibici e di molti altri fenomeni naturali in tutto il mondo”.
Il clima cambia e la natura diventa più violenta. E dietro gli stravolgimenti climatici non si può più negare la responsabilità umana. Un circolo vizioso che i paesi tropicali, Dominica compresa, hanno chiesto più volte a gran voce di spezzare. L’ultimo promemoria è arrivato a fine settembre durante l’Assemblea generale dell’ONU, dove le piccole nazioni insulari hanno invocato a gran voce quell’azione che le COP dell’Unfccc promettono, e regolarmente disattendono, ormai da 23 anni.
Per spiegarlo con le parole pronunciate dallo stesso Skerrit dal palco del palazzo di vetro, gli abitanti di queste zone sono oggi “in prima linea in una guerra che non hanno scelto, a far conti con vittime estese di una battaglia che non hanno cominciato”. Ma nessuna forma di arresa è contemplata “Siamo sconvolti, ma non piegati. Piangiamo, ma non ci disperiamo. Rinasceremo perché i domenicani sono forti, e perché i popoli caraibici sono resilienti. Ricostruiremo nuovamente il nostro Giardino dell’Eden – per i nostri figli e per le generazioni future”.