Arriva ad EXPO la start-up che bonifica i territori e lotta contro il dissesto idrogeologico con le piante: un mix di erbacce e batteri in grado di contrastare l’erosione superficiale

(Rinnovabili.it) – “Curare la Terra con la terra”: questo lo slogan e l’obiettivo dei ragazzi di Bio Soil Expert, la giovane start-up impegnata nella lotta contro uno dei più ardui talloni d’Achille (sotto il profilo ambientale) dell’Italia: il dissesto idrogeologico. Il problema della fragilità del territorio e dell’esposizione al rischio di frane e alluvioni riguarda oggi moltissime aree della Penisola. In ben 6.633 comuni italiani sono presenti aree a rischio idrogeologico che comportano anno dopo anno un bilancio economico pesantissimo. La prevenzione è una delle armi strategiche per affrontare la questione e la Bio Soil Expert ha ideato uno dei sistemi più ecofriendly che ci possano essere per risolverla.
Durante l’inaugurazione del Padiglione trentino, tenutasi oggi a EXPO, la start-up ha presentato il proprio EROSION CONTROL, sistema che utilizza micro-ecosistemi di piante erbacce che, abbinati a microorganismi del suolo, possono sviluppare apparati radicali folti e resistenti in grado di contrastare l’erosione superficiale di suolo. «Ad oggi Bio Soil Expert sta applicando Erosion Control in diverse regioni italiane, come Lombardia, veneto, Emilia Romagna e anche Trentino».
In altre parole, niente additivi chimici o grandi opere d’ingegneria, per un sistema in grado dotato del minimo impatto e del minimo costo. La startup ha lanciato anche Agri-Biobed, un sistema filtrante biologico che sfrutta particolari capacità di piante e microrganismi per la degradazione e l’assorbimento dei residui fitosanitari e dei metalli pesanti spesso presenti nei formulati per l’agricoltura convenzionale. «Stiamo studiando anche prodotti per la fito-remediation, in grado cioè di assorbire e degradare idrocarburi, diossine, metalli pesanti e altre sostanze nocive presenti nei terreni, per sanificarli», prosegue Zeminiani. Il nostro obiettivo è provare a sostituire le classiche tecniche d’ingegneria ambientale con le piante: una questione prima di tutto culturale che fa ancora un po’ fatica a farsi strada».