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Rifiuti: il mistero dei migliaia di dischetti in plastica spiaggiati

Sono stati avvistati sulle spiagge di Campania, Lazio e Toscana: gli oceanografi del Lamma stanno cercando di capire l'origine dello strano sversamento

dischetti in plastica
(Foto di www.zazoom.info)

 

Il giallo dei dischetti in plastica diventa virale

(Rinnovabili.it) – Migliaia di misteriosi dischetti in plastica hanno invaso le coste del centro Italia. Fanno bella mostra di sé ormai da settimane sugli arenili di Lazio e Campania ma il mare li ha spinti sino alle spiagge toscane. Cosa sono? Difficile da dire: a occhio nudo sembrano dei filtri ma, per ora, di questo strano fenomeno di marine littering si sa poco e nulla. A denunciarne la presenza è stato per primo Clean Sea Life, progetto nato proprio per aumentare la consapevolezza della popolazione sulla quantità di rifiuti presenti in mare e sulle spiagge.

Da giorni l’iniziativa – che ha già avvertito le autorità regionali in merito – sta raccogliendo le foto e le segnalazioni di quanti avvistano i dischetti in plastica.  Il primo avvistamento risale addirittura al 20 febbraio di quest’anno, sulle spiagge di Ischia. Da allora la marea di plastica si è fatta strada arrivando a toccare Capri, Fregene, Anzio e persino a Talamone, il borgo che si affaccia sul golfo dell’Argentario. Ma gli avvistamenti arrivano da quasi tutto il litorale laziale come si può costatare sulla pagina FB di Clean Sea Life, dove gli utenti continuano a postare foto dei ritrovamenti.

 

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A occhio nudo sembrano dei filtri cilindrici, simili a quelli delle cialde di caffè ma leggermente più piccoli: hanno un diametro di quattro centimetri e mezzo e sono spessi due millimetri. Gli stessi promotori di Clean Sea Life escludono che si possa trattare di cialde: l’ipotesi più probabile – si legge sul sito del progetto – è che siano “dischetti impiegati nei sistemi di trattamento biologico delle acque […] sono i supporti dove crescono i batteri che depurano l’acqua, assimilandone i nutrienti”.

Un’ipotesi peraltro avvallata da quanto successe nel 2011 nella città di Hooksett, nel New Hampshire (USA). Un incidente di cui pochi hanno probabilmente memoria, ma che ha molti aspetti in comune con il “giallo italiano”. A marzo di 7 anni fa, durante un’intensa pioggia, l’impianto di trattamento delle acque reflue cittadine non è riuscito a gestire l’imponente flusso di reflui e acque meteoritiche a causa di un blocco interno, non segnalato dal sistema di allarme. La conseguenza è stata lo sversamento nel vicino fiume di 300.000 litri di acque reflue non trattate e circa 4,3 milioni di dischetti di filtrazione contaminati.

 

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Le autorità regionali, dal Reparto Ambientale Marittimo della Capitaneria di Porto all’Ufficio tutela e valorizzazione del mare e delle coste della Regione Lazio, stanno cercando di fare chiarezza sull’accaduto. Lo stesso Clean Sea Life spiega come gli oceanografi del Lamma (il Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile della Regione Toscana, CNR e Fondazione per il Clima e la Sostenibilità) stia cercando, attraverso i modelli della circolazione delle correnti, di capire dove si sia originato il problema, dal momento che ad oggi non risulta nessuna denuncia di incidente. “Dobbiamo però risalire al “paziente zero”, usando l’analogia delle epidemie: cioè la/le località che per prime sono state investite dai dischetti e che, presumibilmente, sono le più vicine al punto di sversamento. Per questa ragione è importante che ci segnaliate gli spiaggiamenti e soprattutto ci indichiate quando sono stati visti in quella località per la prima volta”.