Il governo riapre le porte di alcune zone della città di Okuma, a circa 12 km dalla centrale nucleare. Ma solo in pochi tornano a casa
Otto anni dopo il disastro di Fukushima il programma di reinserimento della popolazione fa fatica a convincere le famiglie giapponesi
(Rinnovabili.it) – Sono passati otto anni dal disastro di Fukushima ma l’ombra dell’incidente nucleare copre ancora gran parte dell’omonima prefettura giapponese. E non solo perché molte zone, in prossimità dell’impianto, registrano ancora alti livelli di radioattività. Le reticenze governative e le ammissioni tardive della Tepco, la società che gestisce la centrale, hanno aumentato nel tempo le preoccupazioni della popolazione; preoccupazioni che si accentuano oggi con l’avvio del programma di re-insediamento degli abitanti.
Nel 2011 il disastro di Fukushima ha costretto decine di migliaia di persone ad abbandonare le proprie abitazioni, ma ora che gli sforzi di decontaminazione hanno ridotto i rischi sanitari, Tokyo ha iniziato a riaprire le porte di alcune città fantasma.
È il caso di Okuma, cittadina a circa 12 km dall’impianto nucleare, e casa un tempo di oltre 11mila persone. Circa il 40% della cittadina è stato dichiarato sicuro per i residenti al punto da permettere un ritorno permanente nelle abitazioni. Dai resoconti dei media locali sappiamo che 367 persone sono tornate nei quartieri abbandonati ma di queste solo 48 sono disposte a rimanervi in maniera continuata. I funzionari locali sperano che l’apertura, a maggio 2109, di un nuovo municipio e di altri progetti infrastrutturali, possa convincere un numero maggiore di abitanti a tornare.
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La maggior parte di Okuma, tuttavia, rimane off-limits proprio a causa di alti livelli di radiazioni e parte della città viene anche utilizzata come deposito provvisorio per milioni di metri cubi di terreno tossico raccolti durante una campagna di decontaminazione. Il governo ha promesso di spostare il terreno fuori dalla prefettura di Fukushima ma non ha ancora trovato un sito di stoccaggio permanente e nessun lavoro sarà fatto prima del 2045.
Ad aumentare le apprensioni c’è anche l’indagine di Greenpeace (pdf in inglese) che da anni ormai sta monitorando le zone evacuate. Per l’associazione ambientalista il programma di bonifica portato avanti da Tokyo è inefficace, soprattutto per una regione che è per il 70-80% coperta da foreste montane che non possono essere decontaminate.
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