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Disastro ambientale nel Mar Cinese, la petroliera affonda

disastro ambientale

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Una chiazza di 15 km è il segno di un altro disastro ambientale

 

(Rinnovabili.it) – Otto giorni dopo l’inspiegabile incidente nel Mar Cinese, la petroliera iraniana che aveva preso fuoco sabato scorso è affondata ieri. La nave, che per tutta la settimana ha sprigionato una colonna di fumo nero nel cielo, è andata alla deriva per circa 300 km senza che le decine di imbarcazioni di soccorso riuscissero a spegnere l’incendio. Troppo il calore a bordo e troppi i fumi per organizzare un intervento.

Nel disastro sono morti tutti i 32 membri dell’equipaggio, composto da 30 cinesi e due bengalesi. Sabato una squadra di soccorso cinese ha recuperato due corpi, mentre un terzo era stato ritrovato l’8 gennaio. La squadra di recupero ha recuperato la “scatola nera” dal ponte, ma la squadra è stata costretta a lasciare la nave dopo mezz’ora perché il cambio di vento ha spostato la colonna di fumo complicando l’operazione. La petroliera Sanchi stava viaggiando dall’Iran alla Corea del Sud quando, sabato 6 gennaio, è avvenuta la collisione con la Crystal, un mercantile registrato ad Hong Kong.

 

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L’inabissamento della Sanchi ha provocato un disastro ambientale dalle proporzioni ancora da valutare: per ora è chiaro che si tratta della seconda fuoriuscita per gravità dal 1991, quando 260 mila tonnellate di petrolio furono rilasciate al largo delle coste dell’Angola.. Secondo le autorità cinesi, la Sanchi trasportava 136 mila tonnellate di petrolio ultra-leggero (condensato), l’equivalente di circa 1 milione di barili del valore di circa 76 milioni di dollari. Il governo rassicura sul fatto che l’inquinamento del mare sarà minore di quanto temuto, perché gli idrocarburi leggeri sono volatili e dunque la maggior parte sarebbe bruciata in questi giorni alla deriva.

In realtà, i giornalisti che hanno potuto sorvolare la petroliera ferita hanno descritto una chiazza di petrolio lunga 15 km. Adesso non solo la Sanchi potrebbe liberare tutto il restante carico in acqua, ma c’è il rischio che anche il petrolio pesante, utilizzato per la locomozione, inquini l’ecosistema marino.

La petroliera era di proprietà della National Iranian Tanker Co. ed era stata presa in affitto da una società sudcoreana, la Hanwha Total Co., la cui proprietà è divisa al 50% tra il gruppo coreano Hanwha e il gigante petrolifero francese Total.

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