(Rinnovabili.it) – C’è una nuova bomba pronta ad esplodere che minaccia i fiumi del Brasile. È la coda del disastro ambientale che ha colpito il Rio Doce alla fine del 2015, quando il cedimento di due dighe della Samarco ha riversato a valle milioni di metri cubi di fanghi tossici, devastando interi ecosistemi e lasciando senza acqua potabile 250mila persone. La peggiore catastrofe della storia del Brasile si può ripetere entro marzo 2017, complici le piogge. Lo ha affermato il procuratore federale che segue il caso, accusando di crimini ambientali l’ad della Samarco Roberto Carvalho.
L’azienda – una joint venture al 50% tra la brasiliana Vale SA e l’australiana BHP Billiton – non ha messo in atto le necessarie misure di emergenza imposte dall’Agenzia per la protezione ambientale del Brasile all’indomani del disastro ambientale. Secondo la procura federale la quantità di fanghi tossici non adeguatamente contenuta ammonta a 24,8 milioni di metri cubi, l’equivalente di 10mila piscine olimpioniche.
Si tratta di una bomba a orologeria: i tre quarti delle sostanze tossiche non sono ancora stati trascinati a valle dalle piogge, ma ciò non significa che non possano inquinare un’area più estesa di quella attuale. Infatti ci si aspetta che le precipitazioni ne spostino verso l’oceano almeno 2,8 mln di metri cubi entro marzo 2017. Colpa della Samarco che non ha obbedito: delle 11 misure di prevenzione pattuite, l’azienda ne ha messe in campo – parzialmente – solo 4, ignorando le restanti 7.
Così ieri la procura ha formalizzato l’accusa per crimini ambientali contro Carvalho, aggiungendo che le due compagnie che formano la Samarco sono ritenuti co-responsabili per il disastro. La Fukushima brasiliana sembrava essere risolta sul piano legale nel marzo di quest’anno, dopo che governo e Samarco avevano trovato un accordo sui risarcimenti: la compagnia deve sborsare 5 miliardi in 15 anni, oltre a garantire un piano per ripulire l’area colpita per il valore di oltre 6 mln di dollari.