Le indagini delle autorità brasiliane puntano contro una compagnia greca, che nega ogni responsabilità sul disastro ambientale
(Rinnovabili.it) – Da agosto fino ad oggi, la fuoriuscita di petrolio che ha interessato le coste brasiliane ha raggiunto oltre 200 località di ben 9 stati situati nel nord del Paese, per un totale di oltre 2000 km di costa. Il disastro ambientale ha colpito centinaia di spiagge (con gravi danni per il turismo e le comunità di pescatori in una delle zone più povere del Brasile), di animali e gli stessi volontari che, dal 2 settembre, hanno raccolto oltre 600 tonnellate di petrolio. Lo scorso 2 novembre, la marina brasiliana ha dichiarato che il petrolio è stato avvistato e rimosso dalle squadre di pulizia anche nell’isola di Santa Bárbara, che fa parte dell’arcipelago di Abrolhos, un luogo unico nell’Atlantico per la sua biodiversità.
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A più di tre mesi, tuttavia dall’evento, rimangono ancora da chiarire cause e responsabili. Sin da subito, il governo brasiliano aveva puntato il dito contro Caracas, che in risposta aveva negato qualsiasi responsabilità rispetto al disastro ambientale. In un secondo momento, l’inchiesta delle autorità del Brasile aveva portato a galla la presenza di una “nave fantasma” che trasportava petrolio venezuelano, in violazione alle sanzioni statunitensi. Secondo gli investigatori, si sarebbe trattato di una nave battente bandiera greca, la Bouboulina, di proprietà della Delta Tankers Ltd, che avrebbe versato il greggio a circa 700 km al largo delle coste brasiliane intorno al 28-29 luglio, dopo aver caricato il petrolio proprio in Venezuela. In merito a questa accusa, però, la Delta Tankers ha dichiarato che la nave ha concluso il suo viaggio senza alcun incidente, lasciando il Venezuela il 9 luglio diretta verso Melaka, in Malesia. Inoltre, la compagnia ha affermato che, se fosse stata contattata, avrebbe sin da subito collaborato con le autorità brasiliane.
Tuttavia, come riporta Reuters, secondo i procuratori di Rio de Janeiro “ci sono prove evidenti contro la compagnia greca, il capitano e l’equipaggio della nave”.
I pubblici ministeri hanno infatti riferito che la marina del Brasile ha avuto informazioni su una detenzione preventiva della nave greca negli Stati Uniti per quattro giorni, dovuta a “procedure operative errate legate alla separazione di petrolio e acqua per rilascio in mare”. La polizia brasiliana ha riferito che i dati oceanografici e di geolocalizzazione hanno inoltre mostrato che la nave greca era l’unica a navigare vicino all’origine della fuoriuscita e del disastro ambientale tra il 28 e il 29 luglio. La Delta ha così fatto ricorso al materiale ottenuto grazie alle sue attrezzature di sicurezza (principalmente telecamere e sensori che monitorano l’attività a bordo, le modifiche di rotta e i dati di velocità), dichiarando che da un’analisi di questo materiale non è emerso nulla di anomalo. La compagnia greca si è resa disponibile a condividere quanto in suo possesso con le autorità brasiliane che, tuttavia, pare non si siano ancora messe in contatto con Delta.
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Nel frattempo, la procura federale brasiliana ha accusato anche il governo di Brasilia di non aver organizzato una sufficientemente rapida risposta al disastro ambientale, attivando un’azione legale per obbligare il governo ad applicare il “Piano nazionale d’emergenza per incidenti da inquinamento con petrolio in acque sotto giurisdizione nazionale”. La procura ha chiesto anche il pagamento di una multa di un milione di reais (circa 200mila euro) per ogni giorno trascorso senza l’attuazione del Piano emergenziale.