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Direttiva Emissioni Industriali, scatta la tagliola per allevamenti di suini e pollame

Direttiva Emissioni Industriali: ok finale del PE

Foto di Diego San su Unsplash

Direttiva Emissioni Industriali: ok finale del PE
Foto di Diego San su Unsplash

Il PE approva con 393 sì, 173 no e 49 astensioni la nuova IED

(Rinnovabili.it) – Il parlamento europeo ha dato ieri il timbro finale alla nuova Direttiva Emissioni Industriali (IED). Un provvedimento conteso per via dell’inclusione degli allevamenti intensivi di maiali e pollame, che ha fatto salire sulle barricate il settore e buona parte degli eurodeputati. Anche se la versione approvata è molto annacquata rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea.

Cosa prevede la nuova Direttiva Emissioni Industriali?

La revisione ha aggiornato i criteri per le emissioni delle industrie rendendoli più stringenti. Scatta infatti l’obbligo di adottare i limiti delle emissioni nocive più bassi possibili sulla base delle tecnologie disponibili. C’è poi più attenzione al consumo idrico e a rifiuti e uso di materie prime. Sull’acqua, vengono introdotti obiettivi di prestazione ambientale obbligatori. Mentre per i rifiuti, l’efficienza delle risorse, l’efficienza energetica e l’uso delle materie prime, la direttiva IED introduce obiettivi vincolanti ma con una forchetta di valori. Dovranno rispettare questi nuovi standard per la 1° volta anche gli impianti estrattivi e i grandi siti di produzione di batterie. Per garantire più trasparenza viene istituito un registro unico sulle emissioni industriali che sarà liberamente consultabile da ogni cittadino. Le aziende che non rispettano i nuovi vincoli potranno essere multate fino al 3% del loro fatturato.

Il punto qualificante della Direttiva Emissioni Industriali riguarda l’inclusione degli allevamenti intensivi. Restano fuori dall’ambito della IED quelli di bovini, scelta la Commissione dovrà rivalutare entro la fine del 2026. Una clausola che è passata solo grazie all’introduzione di un contrappeso voluto dalle associazioni del settore zootecnico: in contemporanea, Bruxelles valuterà anche se inserire una “clausola di reciprocità” che protegga gli allevatori europei dalla concorrenza di quelli esteri non soggetti a normative stringenti come quella comunitaria. La IED fissa invece limiti più stretti per gli allevamenti di suini (oltre i 350 capi) e pollame (oltre 300 capi per le galline ovaiole, oltre i 280 capi per pollame da carne). Gli allevamenti misti dovranno rispettare la IED se superano i 380 capi.

Le reazioni del settore zootecnico

Bisogna ricordare che l’allevamento intensivo in Europa è responsabile del 94% delle emissioni di ammoniaca, del 54% delle emissioni di metano legate all’attività umana e del 73% dell’inquinamento idrico. In Italia costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili. L’allevamento intensivo genera il 12-17% delle emissioni di gas serra totali dell’UE. E la proposta della Commissione avrebbe riguardato solo il 2% degli allevamenti di bovini, quelli più grandi.

Nonostante la revisione al ribasso dell’ambizione della nuova IED, le sigle che rappresentano l’allevamento industriale continuano a recriminare. Secondo la Confederazione italiana agricoltori (CIA), solo nel Belpaese rientrerebbero nel perimetro della nuova Direttiva Emissioni Industriali il 90% degli allevamenti avicoli e il 20% di quelli suinicoli, ma con un impatto superiore all’80% sulla produzione di carne di maiale.

“Abbiamo sempre ritenuto irragionevole equiparare la zootecnia a settori altamente industrializzati, chiedendo il mantenimento dello status quo nella revisione della direttiva spiega il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini. Dopo l’esclusione degli allevamenti bovini, oggi ci aspettavamo un esito ben diverso dal voto e, invece, si è persa un’occasione per costruire insieme agli agricoltori la strada verso una maggiore sostenibilità”.

Anche più battagliero il tono di Coldiretti sulla nuova IED: “Con il voto sulla direttiva emissioni industriali – ha detto Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – l’Unione europea ha perso l’ennesima occasione di invertire la rotta, abbandonando le follie di un estremismo green che rischia di far chiudere migliaia di allevamenti, stretti tra una burocrazia sempre più asfissiante e la concorrenza sleale dall’estero”.

Per la LAV, invece, il voto dell’Europarlamento – che ha approvato il testo senza includere una serie di emendamenti last minute che avrebbero ulteriormente annacquato l’efficacia della proposta – “non è una vittoria”, si è solo “evitato un ulteriore peggioramento”.

Dalla parte delle sigle della zootecnia si schiera anche il governo italiano. L’Europa avrebbe scelto “l’ideologia invece del buonsenso” penalizzando i settori suinicolo e avicolo “con l’unica conseguenza di danneggiare produttori europei ed italiani e con il rischio, domani, di essere costretti a importare da paesi che fanno molto peggio in termini di inquinamento, rispetto del lavoro e standard di sicurezza alimentare”. Lo afferma in una nota il sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo, che plaude l’esclusione dei bovini ma lamenta “un aumento di burocrazia e perdita di competitività, a danno di allevamenti anche di medie dimensioni, senza che da questo derivino effettivi benefici per l’ambiente”. “È sempre più urgente una clausola di reciprocità così da garantire che i produttori extra Ue soddisfino gli stessi requisiti previsti per gli Stati membri. Lavoriamo perché si inverta la rotta e queste eurofollie restino solo un ricordo”, conclude D’Eramo.

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