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Direttiva acque: Bruxelles bacchetta l’Italia

La Commissione europea invita il Belpaese a recepire correttamente la normativa sulla protezione della risorsa idrica

(Rinnovabili.it) – Per fornire agli Stati membri un sistema per la gestione integrata delle risorse acquatiche nei diversi bacini idrografici nel 2000 è entrata in vigore la direttiva quadro sulle acque dell’Unione Europea. La norma impone ai Ventisette di creare e mantenere “piani di gestione dei bacini idrografici” indicanti le modalità precise per conseguire entro un lasso di tempo concordato gli obiettivi ecologici, quantitativi e chimici fissati per i bacini idrografici. Ad oggi però c’è un paese il cui recepimento della norma lascia un po’ a desiderare. Parliamo dell’Italia, ripresa questa mattina dalla Commissione Ue attraverso l’invio di un parere motivato. Il provvedimento adottato nel diritto nazionale risulta, a detta dell’Esecutivo, lacunoso sotto diversi aspetti.

Secondo il commissario per l’Ambiente, Janez Potočnik, l’Italia non ha recepito correttamente una serie di articoli della direttiva, tra cui quelli relativi alla necessità adottare una serie di misure per conseguire un “buono stato” dei bacini idrografici entro i termini previsti e conformarsi all’obbligo di mantenere un registro aggiornato delle aree protette.

“La Commissione – si legge nella nota stampa – nutre inoltre perplessità quanto al recepimento da parte dell’Italia dell’allegato II della direttiva, relativamente alla caratterizzazione delle acque superficiali e sotterranee. Anche l’allegato V, relativo al monitoraggio dello stato delle acque superficiali e sotterranee, non è stato correttamente recepito, in particolare per quanto concerne i requisiti relativi al monitoraggio dello scarico di quantitativi supplementari di acqua nei corpi idrici sotterranei e all’elaborazione di mappe con le caratteristiche precisate nella direttiva per indicare i livelli chimici e i quantitativi di acqua di ciascun corpo idrico sotterraneo”. Il governo italiano ha ora due mesi per rispondere ai problemi sollevati dalla Commissione; qualora non avvenisse o la risposta fosse considerata insoddisfacente, l’esecutivo europeo può adire la Corte di giustizia comunitaria.