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Protestava alla diga di Siviens: ucciso da una granata

Protestava contro la diga ucciso da una granata.(Rinnovabili.it) – Si chiamava Rémi Fraisse, protestava contro la costruzione della diga di Siviens ed è stato ucciso. Non è successo in qualche Paese dell’America Latina, dove gli attivisti vengono assassinati dalle compagnie impegnate nella deforestazione. Ma nella democratica Francia. Il ragazzo aveva 21 anni ed è morto a causa di una granata lanciata dai gendarmi. Le reazioni contro l’impianto di Siviens, nel dipartimento del Tarn, sono cresciute nel fine settimana, portando a ripetuti scontri fra contestatori e forze dell’ordine. È stata subito aperta un’indagine, a seguito della quale sono state rinvenute tracce di Tnt sui vestiti del ragazzo. Che fosse morto per un’esplosione si era intuito attraverso l’autopsia, ma restava da appurare se la colpa fosse da attribuire a una molotov proveniente dalle fila dei manifestanti o a una granata della polizia. La presenza della sostanza ha permesso di escludere la molotov, gettando nella bufera l’operato dei poliziotti. Il procuratore di Albi, Claude Dérens, ha infatti dichiarato che «Tnt figura nella composizione delle granate lacrimogene ed offensive lanciate dai gendarmi».

 

Il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha cercato subito di mettere una pezza sul grave incidente, sospendendo l’uso delle granate. Ieri è intervenuto anche il presidente, Francois Hollande, che ha promesso di «vigilare personalmente sulla ricerca della verità». Ma intanto sono scoppiate proteste in diverse città della Francia e la morte di Rémi è diventata un caso politico, con la estrema sinistra a chiedere le dimissioni del ministro Cazeneuve.

La famiglia del giovane ha deciso di sporgere denuncia per omicidio volontario, «commesso da uno o più pubblici ufficiali». A detta dei genitori Rémi si era recato alla manifestazione con la ragazza, «un po’ da turista».

 

Ora il conflitto ambientale si è trasformato, ancora una volta, in conflitto politico, con il governo alle strette a causa di un uso della forza che ha portato alla morte di un cittadino. Il progetto della diga è duramente contestato dalle comunità locali, che lo giudicano esageratamente costoso e impattante sull’ambiente. Dalla loro hanno anche gli esperti del ministero dell’Ambiente, dubbiosi sulla sostenibilità dell’infrastruttura. Ma non c’è stato dialogo: il Consiglio generale del Tarn ha bollato l’impianto come opera «di interesse generale» opponendo la «pubblica utilità». Un po’ come accade in Italia, dove le stesse accelerazioni sono state impresse dallo Sblocca Italia alle trivellazioni per il petrolio. Nella speranza di non vedere anche qui un caso-Rémi.

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