Rémi Fraisse, 21 anni, era ad una manifestazione contro la diga di Siviens. È morto nell’esplosione di una granata della Gendarmerie.
Il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha cercato subito di mettere una pezza sul grave incidente, sospendendo l’uso delle granate. Ieri è intervenuto anche il presidente, Francois Hollande, che ha promesso di «vigilare personalmente sulla ricerca della verità». Ma intanto sono scoppiate proteste in diverse città della Francia e la morte di Rémi è diventata un caso politico, con la estrema sinistra a chiedere le dimissioni del ministro Cazeneuve.
La famiglia del giovane ha deciso di sporgere denuncia per omicidio volontario, «commesso da uno o più pubblici ufficiali». A detta dei genitori Rémi si era recato alla manifestazione con la ragazza, «un po’ da turista».
Ora il conflitto ambientale si è trasformato, ancora una volta, in conflitto politico, con il governo alle strette a causa di un uso della forza che ha portato alla morte di un cittadino. Il progetto della diga è duramente contestato dalle comunità locali, che lo giudicano esageratamente costoso e impattante sull’ambiente. Dalla loro hanno anche gli esperti del ministero dell’Ambiente, dubbiosi sulla sostenibilità dell’infrastruttura. Ma non c’è stato dialogo: il Consiglio generale del Tarn ha bollato l’impianto come opera «di interesse generale» opponendo la «pubblica utilità». Un po’ come accade in Italia, dove le stesse accelerazioni sono state impresse dallo Sblocca Italia alle trivellazioni per il petrolio. Nella speranza di non vedere anche qui un caso-Rémi.