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La dieta a base di plastica rende gli uccelli marini più piccoli e malati

I risultati di una ricerca internazionale, coordinata dall'Università della Tasmania, mostrano gli effetti non letali dell'ingestione di frammenti di plastica negli uccelli che nidificano nei pressi dell'oceano.

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Una Berta piedicanicini al largo dell’isola di Lord Howe – Foto di patrickkavanagh / Flickr

Colesterolo alto, riduzione di peso e taglia, alti livelli di acidi urici nei reni alcuni dei disturbi ricorrenti negli uccelli marini

 

(Rinnovabili.it) – L’ingestione di frammenti di plastica sta facendo diventare gli uccelli marini sempre più piccoli, leggeri e affetti da una serie di disturbi della salute come alti livelli di colesterolo o difficoltà renali: lo rivela uno studio dell’Università della Tasmania pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology che per la prima volta ha preso in esame gli effetti non immediatamente letali dell’inquinamento da plastica sulla dieta dei volatili.

 

I ricercatori hanno analizzato campioni di sangue provenienti da una colonia di Berte piedicarnicini, un uccello marino della famiglia Procellariidae, nell’isola di Lord Howe, al largo della costa orientale dell’Australia: dai rilevamenti è emerso come microparticelle e frammenti di plastica siano entrati in maniera stabile nella dieta alimentare degli uccelli marini, determinando una contrazione nelle dimensioni e nel peso dei nuovi nati, una ridotta apertura alare e una serie di disturbi della salute che vanno dall’aumento del colesterolo ai problemi cardiaci, fino alla riduzione del calcio nel flusso sanguigno e ad alte concentrazioni di acidi urici che inficiano il sistema renale.

 

Secondo uno studio del WWF, almeno il 90% degli uccelli marini ingerisce o ha ingerito abitualmente frammenti di plastica: una percentuale altissima, che si giustifica facilmente con l’enorme diffusione dei detriti plastici nei nostri oceani (che alcune ricerche arrivano a stimare in 9 milioni di tonnellate).

 

“I nostri dati non hanno mostrato una relazione significativa tra il volume di plastica ingerita e la salute degli individui, suggerendo che qualsiasi ingestione di plastica è sufficiente per avere un impatto  – ha commentato Jennifer Lavers, tra le principali autrici dello studio presso lo University of Tasmania’s Institute for Marine and Antarctic Studies (IMAS) – Riuscire a capire come vengano colpiti i singoli uccelli marini è ulteriormente complicato dal fatto che trascorrono poco tempo a terra o nelle colonie riproduttive e la maggior parte dei decessi si verificano in mare dove le cause della morte sono spesso sconosciute”.

 

L’ingestione di frammenti di plastica da parte degli uccelli è un fenomeno noto sia alla scienza che all’opinione pubblica: immagini di albatros o gabbiani deceduti per l’accumulo di grandi quantità di materiali plastici sono ricorrenti, mentre alcune ricerche hanno rinvenuto contaminanti chimici tipicamente utilizzati nelle plastiche persino all’interno delle uova degli uccelli artici.

 

Ciò che resta invece ancora difficilmente analizzabile è l’impatto sulla vita quotidiana degli uccelli marini, sulla loro alimentazione e sull’impatto che l’esposizione a simili quantità d’inquinamento possa comportare sulla loro sopravvivenza: “C’è da chiedersi per quanto tempo ancora queste specie animali possano sopportare tutti questo”, ha commentato Alex Bond, esperto del Natural History Museum di Londra e parte del team autore della ricerca.

 

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