(Rinnovabili.it) – A Bruxelles parevano caduti tutti dalle nuvole quando scoppiò lo scandalo emissioni, prima con Volkswagen e poi con Renault. Nei 9 mesi che sono trascorsi dal dieselgate la situazione tutto sommato sembrava chiara: le aziende avevano truccato i test ma inquinavano molto più di quanto avessero mai dichiarato (e infinitamente più del consentito), la politica aveva reagito cercando di tappare la falla – anche se ogni tanto la toppa è stata peggiore del buco.
Invece la Commissione europea sapeva tutto. Lo sapeva da 5 anni. Quindi non solo non ha mai aperto bocca per dare l’allarme, ma date le sue responsabilità ha di fatto insabbiato il caso. La prova è in mano al Guardian, che l’ha ricevuta da due riviste di ambiente olandesi, Down to Earth e OneWorld. Il quotidiano britannico rivela oggi di essere in possesso di un documento che lascia pochi dubbi.
Le rivelazioni del Guardian sul dieselgate
È un rapporto redatto dal Joint Research Centre (JRC), il servizio di ricerca scientifica “interno” della Commissione, da cui emerge chiaramente che lo scandalo emissioni era stato scoperto già nel 2010. Gli esperti avevano avvisato il braccio esecutivo dell’UE che un produttore di auto (il nome è espunto dal rapporto) stava truccando le emissioni in fase di test. Particolare non secondario, il JRC descrive il funzionamento di un dispositivo sospetto che pare collimare con quello di Volkswagen pizzicato l’anno scorso.
L’allarme è stato lanciato, ma non è successo nulla. Nessuno ha dato mandato al JRC di scandagliare più a fondo il dispositivo incriminato. L’UE ha fatto orecchie da mercante. Meglio non scoperchiare uno scandalo che, ad oggi, ha coinvolto milioni di veicoli VW e lambito anche Renault. E dire che il JRC non è stato il solo a mettere la pulce nell’orecchio ai governanti europei. Sempre datata al 2010 è una nota del dipartimento per l’ambiente dell’UE (DG Envi), dove si legge che le “strategie per truccare” i test sono per loro “un’importante preoccupazione”. Ma, di nuovo, non succede nulla.
Saltiamo poi al 2013, un rapporto sempre di DG Envi sull’inquinamento atmosferico parla di “crescenti prove di pratiche illegali” da parte dei marchi automobilistici per truccare le emissioni. Nel silenzio più assoluto l’allarme cade ancora una volta nel vuoto. Se qualcuno avesse dato seguito alle accuse e indagato, lo scandalo sarebbe quindi scoppiato con 5 anni di anticipo e sarebbe partito dall’Europa, invece che dall’EPA, l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente.
Il peso del dieselgate su ambiente e salute
L’EPA nel settembre 2015 ha annunciato che su scala globale l’inquinamento potrebbe oscillare fra le 237.161 e le 948.691 tonnellate/anno di NOx, dalle 10 alle 40 volte i limiti. Lo scandalo emissioni ha coinvolto, fino ad ora, 9 milioni di automobili Volkswagen vendute in Europa e Stati Uniti tra il 2009 e il 2015. Queste vetture hanno emesso complessivamente 526 mila tonnellate di ossidi di azoto (NOx) oltre i limiti di legge. L’impatto ambientale della frode, in Europa, è stato ancora maggiore di quello negli USA. Nel vecchio continente sono stati venduti più veicoli e la densità di popolazione è più alta.
Lo scoppio del dieselgate in Europa è stato tamponato dal Parlamento europeo che ha stabilito che fino al 2017 le auto potranno inquinare oltre i limiti, poi entrerà in vigore una blanda riforma, simile più ad una sanatoria per futuri scandali. Si stima che lo sforamento delle emissioni abbia fatto perdere in tutto 45 mila anni di vita a causa di problemi di salute o morte precoce e sia costato ai contribuenti europei 32 mld di euro.