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Dieselgate, i “non sapevo” di Tajani smentiti dai fatti

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(Rinnovabili.it) – Più aumentavano i “non  sapevo”, “non ricordo” e “nessuno mi aveva avvertito”, più l’audizione all’ex commissario Ue all’Industria Antonio Tajani scriveva l’ennesima, auto assolutoria pagina del dieselgate. Di fronte alle domande degli eurodeputati, riuniti nella commissione d’inchiesta per appurare se l’Unione fece tutto il possibile per evitare quello che è diventato in seguito lo scandalo delle emissioni truccate, l’atteggiamento di Tajani è scivolato sempre più sulla difensiva.

Se il quadro descritto dall’ex commissario italiano corrisponde al vero, allora l’Ue deve seriamente rivedere alcuni suoi meccanismi. Stando alla testimonianza di Tajani, infatti, nessuno lo aveva mai avvertito di nulla, neppure dei dubbi emersi già negli anni precedenti il suo mandato. Così non è stato fatto nulla, nessuna indagine, nessun approfondimento sulle discrepanze tra le emissioni registrate dai test di laboratorio e quelle reali, su strada.

 

“Non sono mai stato informato, né mi è stata fornita prova, circa l’uso di dispositivi truccati”, si è difeso Tajani. Eppure fu informato, durante il suo mandato, dell’esistenza di discrepanze notevoli. Per quale motivo non ha giudicato opportuno procedere a ulteriori verifiche? Perché l’ipotesi che qualcuno stesse giocando sporco non è stata presa in considerazione? D’altronde le regole Ue furono rese più stringenti appena qualche anno prima proprio in seguito a uno scandalo analogo esploso negli Usa. “Non ero in carica all’epoca”, la replica di Tajani.

Stessa risposta l’ha data anche quando le sue responsabilità appaiono più circostanziate. Gli Stati membri dovevano informare la Commissione sulle nuove, più dure sanzioni che avrebbero applicato in caso di test truccati. La scadenza era il 2009, ma tutti i Paesi l’hanno mancata. Perché Tajani non ha mosso un dito, una volta entrato in carica nel 2010? “Non sono mai stato informato di questo problema”, ripete l’ex commissario.

E sui rapporti redatti dal Joint Research Centre (JRC), il servizio di ricerca scientifica “interno” della Commissione, svelati di recente dal Guardian e da cui emerge chiaramente che lo scandalo emissioni di fatto era stato scoperto già nel 2010? “Non ricordo”.

 

All’indomani dello scoppio del dieselgate, però, Tajani aveva risposto in modo diverso. Sosteneva, carte alla mano, di aver informato lui stesso la Commissione dell’esistenza di discrepanze tra valori reali delle emissioni e test. E aggiungeva, sempre carte alla mano, che l’argomento è stato oggetto di un nutrito scambio di lettere tra lui e l’allora commissario all’Ambiente Potocnik (sentito anche lui in audizione, dove ha affermato che “tutti avremmo potuto fare di più”). Resta inevasa una semplice, lecita ma inevasa domanda: se Tajani sapeva, perché non ha fatto nulla?

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