(Rinnovabili.it) – La degradazione del suolo, che colpisce il 74% dei Paesi poveri, potrebbe generare una immigrazione massiva. Entro i prossimi 10 anni, un flusso da 50 milioni di migranti potrebbe essere innescato dalla desertificazione. Sono cifre spaventose, che ci dimostrano il senso di alcuni dati: per esempio, quelli che dichiarano un terzo del pianeta vulnerabile alla degradazione del suolo, o quelli che attestano come un terzo dell’Africa possa trasformarsi in deserto. 1,5 miliardi di persone in tutto il mondo sono già direttamente interessate dal fenomeno, sperimentando una diminuzione del reddito e della sicurezza alimentare.
È il cambiamento climatico la miccia di queste metamorfosi, una miccia sempre più corta. Si sta avvicinando al detonatore, rappresentato dal continuo immobilismo di una comunità internazionale impastoiata nelle schermaglie politiche figlie di una disperata rincorsa al consenso. Le lotte intestine all’Occidente sul tema dei migranti, stanno contribuendo a perdere di vista l’obiettivo centrale, quello della cooperazione al fine di minimizzare gli impatti del riscaldamento globale. Un argomento che ancora si fatica a considerare tra i responsabili della bomba umanitaria il cui temporizzatore sta scandendo gli ultimi secondi.
I calcoli sottesi a queste previsioni vengono dal rapporto “Il valore della terra” della Economics of Land Degradation Initiative, uno studio condotto da 30 istituti internazionali di ricerca e capitanato dall’Istituto canadese per l’acqua, l’ambiente e la salute, una delle università dell’ONU.
La ricerca spiega che il mondo perde ogni anno da 6.300 a 10.600 miliardi di dollari, pari al 10-17% del Pil globale, a causa della degradazione del suolo, che manda in fumo i benefici forniti dalla terra in termini di cibo, acqua, riduzione della povertà, lotta al cambiamento climatico e alle malattie.
La popolazione mondiale sta crescendo e crescerà, probabilmente fino a fine secolo. Bocche impossibili da sfamare con il 52% dei terreni agricoli degradati in modo “moderato” o “severo”. Ma il problema, spiegano i ricercatori, va ben oltre la produzione di cibo. Il suolo gioca un ruolo da protagonista nel mitigare il riscaldamento globale, in quanto rappresenta il più grande sequestratore di CO2 dopo gli oceani. Eppure, lo stiamo devastando tramite cambi di destinazione d’uso. La deforestazione e la cementificazione rappresentano, insieme all’agricoltura, la seconda fonte mondiale di emissioni di gas serra dopo l’uso dei combustibili fossili.