(Rinnovabili.it) – Entro il 10 di luglio l’ISPRA consegnerà al Ministero dello Sviluppo economico e al Ministero dell’Ambiente la mappa dei siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito nazionale di scorie nucleari. L’ha appena ricevuta dalla SOGIN, che dopo quella data – non è stato chiarito precisamente quanto dopo – riceverà via libera dal governo per la pubblicazione. Sarà una notizia che farà scoppiare contestazioni in tutta la penisola.
Per ora, infatti, le comunità che hanno avuto sentore di un possibile arrivo della patata bollente, si sono chiuse a riccio. È il caso della Sardegna: dopo voci di corridoio che la additavano come potenziale destinataria della spazzatura nucleare italiana, la Regione è insorta, sia a livello popolare che, giocoforza, a livello politico. Il 7 aprile scorso, una visita del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, si è conclusa ad un passo dal lancio di ortaggi: «Il deposito per le scorie è sicuro, garantirà posti di lavoro e ricerca», si è difeso il ministro. Ma gli isolani non sono d’accordo: sull’isola incombe già lo spettro di un inceneritore e delle trivellazioni, senza contare gli orrori dovuti allo smaltimento illecito di rifiuti militari nella ex base di Quirra.
Dopo la pubblicazione della temutissima lista di siti idonei alla costruzione del deposito per le scorie nucleari, il dicastero ha promesso che si aprirà una fase di confronto pubblico di quattro mesi, con tutte le popolazioni dei siti interessati. Alla fine di questa consultazione verrà indetta una conferenza nazionale, durante la quale si analizzeranno le eventuali disponibilità dei Comuni ad ospitare il deposito.
Ovviamente, è probabile che nessuno farà a gara per accaparrarselo, anzi. In caso di fallimento del processo di consultazione, il piano B del governo prevede la nomina di un comitato interministeriale che sceglierà il sito.
Il nostro Paese ha l’obbligo di dar vita ad un sito di stoccaggio permanente dei rifiuti atomici, sancito dalla Direttiva europea 2011/70 Euratom, che impone ad ogni Stato membro la realizzazione di un deposito in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi, anche derivanti dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali. Sono 23 i siti italiani che attualmente ospitano rifiuti radioattivi (guarda la mappa).