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Deposito rifiuti radioattivi: da Ispra i criteri di localizzazione

Deposito rifiuti radioattivi: da Ispra i criteri di localizzazione(Rinnovabili.it) – I rifiuti radioattivi presenti in Italia, derivanti dalle applicazioni in ambito industriale, medico e di ricerca (prima e seconda categoria) e dalle pregresse attività nucleari (terza categoria), devono essere gestiti in sicurezza e attraverso soluzioni adeguate al problema. In altre parole il sito in cui realizzare l’impianto di smaltimento di rifiuti radioattivi, così come quello di condizionamento dei rifiuti e delle strutture ingegneristiche dell’installazione, devono possedere caratteristiche atte a garantire il confinamento e l’isolamento dei radionuclidi dalla biosfera.

Nel suo ruolo di di regolatore della sicurezza nucleare, l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca ambientale) ha predisposto la Guida Tecnica n. 29, Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività”.

Il documento, frutto del D.Lgs. n. 31/2010, definisce i criteri per la localizzazione del Deposito nazionale incluso in un Parco Tecnologico. “Essi rappresentano  – spiega l’ISPRA in una nota stampa – un insieme di requisiti fondamentali e di elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della S.O.G.I.N. S.p.A., quale soggetto attuatore, nel processo di localizzazione del Deposito nazionale, dalla definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sino alla individuazione del sito idoneo”.

Secondo i dati forniti dagli operatori all’ISPRA sono oggi presenti in Italia circa 27.000 m3 di rifiuti radioattivi a bassa e media attività (I-II cat.) e circa 1.700 m3 a più alta attività (III cat., in larga parte ancora da condizionare. A questi si aggiungeranno quelli derivanti dallo smantellamento delle installazioni nucleari che sono stimabili in circa 30.000 m3 nonché i rifiuti condizionati, derivanti dalle operazioni di riprocessamento del combustibile irraggiato che rientreranno in Italia dalla Gran Bretagna (circa 20 m3 di rifiuti vetrificati di terza categoria) e dalla Francia (circa 50 m3 di terza categoria).

 

Il Deposito nazionale dovrà accoglierne circa 90.ooo m3 e la Guida detta i criteri di esclusione delle aree su cui potrà essere costruito; nello specifico il documento esclude: le aree vulcaniche attive o quiescenti, le località che si trovano a 700 metri sul livello del mare o ad una distanza inferiore a 5 chilometri dalla costa così come quelle a sismicità elevata, a rischio frane o inondazioni e le ‘fasce fluviali’, dove c’è una pendenza maggiore del 10%, escluse le aree naturali protette, che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati, quelle a distanza inferiore di un chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e ferrovie. Il processo di smaltimento richiederà 30 anni per il dimezzamento dei radionuclidi a breve vita e alcune centinaia di anni per quelli a media attività; una volta definiti i criteri si procederà all’analisi dei singoli siti idonei individuati, seguita dall’apertura di un confronto con la popolazione, la regione e gli enti locali interessati dalla costruzione del deposito unico per i rifiuti radioattivi.

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