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Deforestazione, il problema sono soia e allevamenti

Deforestazione, il problema sono soia e allevamenti

 

(Rinnovabili.it) – Gli scaffali dei supermercati sono ormai inondati di confezioni con la dicitura “senza olio di palma”, mentre molte aziende promettono di usarlo soltanto se prodotto in modo sostenibile. Al di là delle questioni legate alla salute, anche l’ambiente avrebbe delle ricadute positive perché viene limitata la deforestazione di vaste aree da dedicare alla monocoltura della palma da olio. Ma le foreste del pianeta sono minacciate, più che da questo alimento, dalla coltivazione della soia e dagli allevamenti. Lo si apprende leggendo in controluce l’ultimo rapporto della New York Declaration on Forests, organizzazione che si occupa di tracciare l’intera catena di alcune merci, monitorando l’uso del suolo e quindi il tasso di deforestazione.

Agricoltura e allevamento si confermano i principali fattori dietro la distruzione delle selve in tutto il pianeta: ogni anno ne svaniscono almeno 32 milioni di ettari. Palma da olio, soia, bestiame e legna sono i prodotti che da soli pesano per il 40% del totale. Ma il problema più grave è che resta difficile monitorare a fondo l’intera supply chain, anche con la collaborazione delle aziende coinvolte direttamente in questi settori.

 

Deforestazione, il problema sono soia e allevamenti

 

Agli obiettivi della New York Declaration on Forests hanno ormai aderito oltre 400 multinazionali del cibo. La revisione presentata nel rapporto di quest’anno, però, mette bene in evidenza alcuni problemi strutturali tanto della produzione quanto delle azioni di monitoraggio. Riassunta in una sola frase, la questione è che nessuno riesce a tenere d’occhio l’intera catena. “Abbiamo un grande problema – ammette Charlotte Streck di Climate Focus, co-autrice del rapporto – Vediamo cosa le compagnie stanno facendo, ma non possiamo sapere quanto sia efficace”.

Com’è possibile? Chi si impegna a certificare che i propri prodotti non hanno comportato deforestazione non è mai al primo anello della catena. Nemmeno i controlli diretti da parte delle associazioni ambientaliste riescono a sbrogliare la matassa. Questo capita in particolare per l’allevamento. “Nella vita di una mucca brasiliana – spiega Streck – ci sono innumerevoli passaggi di proprietari e stabilimenti, al punto che è quasi impossibile controllare che nessuno di loro sia associato con la deforestazione”.

Se l’opacità connaturata a una produzione su scala globale è più difficile controllare, allora perché le multinazionali dovrebbero impegnarsi a rispettare le foreste? Infatti dal rapporto emerge che di quelle coinvolte, 6 aziende di olio di palma su 10 hanno messo nero su bianco i loro buoni propositi, mentre la percentuale di quelle della soia e degli allevamenti sono decisamente più basse: rispettivamente il 21 e il 12%.

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