Secondo il team scientifico del principe Carlo, alla deforestazione va sommato un degrado meno evidente e mai calcolato, che ne amplifica gli effetti
(Rinnovabili.it) – La deforestazione sul nostro pianeta è un problema peggiore del previsto. Lo sostiene un report della Prince of Wales’ International Sustainability Unit, il think thank ambientale presieduto dal principe Carlo.
Un tempo gli alberi coprivano quasi la metà della superficie delle terre emerse, oltre 7.4 miliardi di ettari, soprattutto nelle regioni tropicali. Almeno 2 miliardi oggi sono andati persi per sempre: le piante sono state eradicate per far posto a fattorie, città e strade, o perché impiegate nell’industria della carta, dei mobili e di altri prodotti.
Questo ha dato vita a problemi per la biodiversità, decimando milioni di specie animali, ed ha implicazioni per il clima perché gli alberi assorbono l’anidride carbonica, principale gas serra. Abbatterli e bruciarli porta grandi quantità di carbonio in atmosfera, che contribuisce al riscaldamento globale.
Sono stati compiuti sforzi per arginare le perdite, soprattutto in punti caldi della deforestazione come l’Amazzonia, ma a livello globale si stima che un’area verde grande come la Scozia (quasi 80 mila chilometri quadrati) vada persa ogni anno. Ecco perché, contrariamente alle stime ONU e in linea con un recente studio, la relazione della task force del principe Carlo conclude che il tasso di deforestazione è ancora in aumento.
Oggi, secondo il report, solo un quarto delle foreste tropicali nel mondo è rimasto intatto. Le affermazioni degli esperti sono basate su analisi di immagini satellitari, radar e tecniche di osservazione aerea.
«La deforestazione ora può essere mappata quasi in tempo reale – ha detto l’attivista ambientale Tony Juniper, consigliere della International Sustainability Unit – Questo rende possibile realizzare la portata del problema e offre l’opportunità di prendere contromisure».
Il tasso di deforestazione in Indonesia è il più alto al mondo: la prima responsabile è l’industria della carta, seguita a ruota da quella dell’olio di palma. Oltre al disboscamento totale, le nuove tecniche di osservazione permettono – affermano gli esperti – di monitorare anche quello “parziale”, che distrugge solo alcuni alberi per far passare strade o per l’estrazione mineraria. Spesso queste devastazioni “meno visibili” non vengono classificate come “deforestazione”, ma provocano comunque un degrado del manto forestale e forniscono nuovi elementi per ragionare sulla limitazione degli impatti del cambiamento climatico. Se calcolato nel suo complesso, spiega il rapporto, il degrado potrebbe contribuire per il 30-50% alle emissioni derivanti dal trattamento delle foreste tropicali.