Il piano riguarda 13 milioni di ettari di foreste tropicali da restituire alle comunità locali. Ma andrà davvero contro gli interessi delle multinazionali dell’olio di palma?
(Rinnovabili.it) – Dopo decenni di conflitto tra autorità centrali e popoli indigeni, l’Indonesia fa un passo indietro sui diritti di gestione e sfruttamento delle foreste. Un passo più che altro simbolico, quello compiuto dal presidente Widodo, che indica però un’inversione di rotta. Fin dall’inizio della colonizzazione da parte degli olandesi, i milioni di indigeni che abitano il vasto arcipelago indonesiano non hanno potuto godere di alcun diritto sulle loro terre. Da allora, infatti, le selve sono di proprietà statale.
La nuova gestione prevede che a 9 comunità indigene venga assegnato nuovamente ogni diritto sulle proprie terre. In questo modo si viene a interrompere – almeno sulla carta – quella dinamica che ha visto competere gli interessi del governo e delle multinazionali da un lato, e quelli delle popolazioni locali dall’altro. Interessi che, per gli ettari restituiti, spaziano dalla deforestazione per il commercio di legname all’avvio di piantagioni specifiche, ad esempio di gomma.
Proprio sull’isola di Sumatra, dove il governo ha restituito alla tribù Kajang parte delle loro terre, altri popoli indigeni sono a tutti gli effetti a rischio estinzione a causa dei roghi scatenati per la preparazione del terreno alle piantagioni di palme da olio. Uno dei casi più recenti è quello della comunità degli Orang Rimba, 11 tribù stanziate su un territorio di 60mila ettari all’interno del parco nazionale di Bukit Duabelas, diminuita del 30% nell’ultimo decennio proprio a causa degli incendi. L’industria dell’olio di palma è poi responsabile dei fumi tossici causati dalla deforestazione, che nel 2015 hanno infettato i polmoni di mezzo milione di persone superando addirittura i valori delle emissioni medie quotidiane degli Stati Uniti.