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Ok al Ddl Salva Mare, inizia la guerra ai rifiuti di plastica

Promosso il recupero dei rifiuti nelle acque italiane. Costa: “finalmente iniziamo a ripulire il mare dalla plastica e lo facciamo con degli alleati eccezionali”

ddl salva mare plastica

Il Consiglio dei ministri approva il ddl Salva Mare, su proposta del Ministro dell’Ambiente

(Rionnovabili.it) – “Finalmente iniziamo a ripulire il mare dalla plastica e lo facciamo con degli alleati eccezionali: i pescatori”. Con queste parole il ministro all’ambiente Sergio Costa a comunicato l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri dell’atteso Ddl Salva Mare. Il provvedimento vede dunque la luce a quasi sei mesi dall’annuncio mantenendo tutte, o quasi, le promesse fatte. Le nuove norme hanno come obiettivo quello di “contribuire al risanamento dell’ecosistema marino e alla promozione dell’economia circolare”, focalizzandosi sul fishing for litter, su campagne volontarie di pulizia e di sensibilizzazione.

 

La novità più grande del Ddl Slava Mare è l’introduzione della possibilità per i pescatori di portare a terra la plastica accidentalmente finita nelle reti, azione finora proibita per legge. Quanti vorranno cimentarsi nel ruolo di “spazzini” del mare riceveranno un certificato ambientale e la loro filiera di pescato sarà “adeguatamente riconoscibile e riconosciuta”. I rifiuti potranno essere portati nei porti dove saranno allestiti dei punti di raccolta. E per evitare che i costi della gestione di tali rifiuti gravino esclusivamente sugli operatori ittici e sugli utenti degli scali è previsto che questi costi siano coperti con una specifica componente della tassa sui rifiuti.

 

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“È una grande vittoria per il nostro mare –ha commentato il Ministro dell’Ambiente – Quella della plastica in mare è un’emergenza planetaria, dobbiamo affrontarla adesso, non si può rinviare”. Il Mar Mediterraneo è particolarmente esposto al problema, in quanto si tratta di un mare semichiuso: si stima che vi siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica al suo interno.

 

Ma non per tutti la soluzione individuata dal disegno di legge è da considerarsi un modello virtuoso di gestione del problema.

Secondo Greenpeace, infatti, è preoccupante e rischioso pensare di certificare come sostenibile un’attività solo perché legata al recupero del marine litter. “Ad esempio, la pesca a strascico – spesso una delle principali minacce all’integrità dei fondali marini – ha come conseguenza anche la produzione di una quantità copiosa di rifiuti” – spiega l’associazione in una nota stampa – È certamente un bene che questi non vengano rigettati in mare, ma da qui a definire sostenibile questo tipo di pesca ce ne vuole: sarebbe una beffa nei confronti dei pescatori che veramente pescano in modo responsabile, e anche per i consumatori che rischiano di essere confusi da certificazioni poco chiare e affidabili”.

 

Manca invece dal testo del Ddl Salva Mare qualsiasi accenno alla messa al bando delle plastiche usa e getta, proposta inizialmente da Costa sulla scia degli stop già assegnati a cotton-fioc (in vigore dal 1° gennaio 2019) e alle microplastiche cosmetiche (dal 1° gennaio 2020). Il governo stavolta ha preferito aspettare l’Unione Europea “appena la Direttiva europea sulla plastica monouso sarà pubblicata, approveremo anche noi la legge per dire stop al monouso”.