(Rinnovabili.it) – Con 249 sì, 115 no e 32 astenuti, la Camera dei Deputati ha approvato la legge sui Parchi, riforma della normativa sulle aree protette presentata dal relatore PD Enrico Borghi e sostenuta dal presidente della Commissione Ambiente, Ermete Realacci. Ora, il provvedimento torna in terza lettura al Senato. Tuttavia, sebbene entrambi i protagonisti dell’approvazione abbiano ottenuto il ringraziamento del Ministro Gian Luca Galletti, devono far fronte a una netta contrarietà delle associazioni.
Secondo il WWF «la Camera ha deciso di considerare il Capitale Naturale, che le nostre Aree Protette custodiscono, come una merce di scambio da mettere in mano ai poteri di parte e locali invece che un bene comune che appartiene a tutti i cittadini. La riforma viola due principi fondamentali: quello per cui la funzione primaria dei Parchi è quella della tutela e conservazione – mentre d’ora in poi sarà subordinata alla valorizzazione – e quello dell’intangibilità del territorio delle aree protette». Secondo l’associazione questa legge favorisce opere e attività impattanti anche all’interno dei parchi, perché pagando delle royalties permette ad attività produttive di insediarsi nel loro confine.
Tutto ciò fa il paio con un’altra novità: il compito di proteggere la natura, attribuito allo Stato dalla Costituzione, passerebbe sotto la diretta influenza degli Enti territoriali, rischiando, secondo il WWF, di diventare ostaggio di logiche partitocratiche e localistiche.
>> Leggi anche: Trivelle per sempre nei parchi italiani <<
Cambiano anche le competenze richieste ai presidenti e direttori dei Parchi, cui non viene chiesta una formazione in materia ambientale, ma solo esperienza nel management. Il consiglio direttivo degli Enti parco permette ora l’ingresso di portatori di interessi economici e nei confini delle aree protette sarà più semplice far entrare i cacciatori per abbattimenti selettivi.
Il Ministro dell’Ambiente ha difeso la legge, dichiarando che essa «innalza significativamente il grado di protezione di queste aree attraverso un maggiore coinvolgimento delle istanze e delle istituzioni locali, aumentando la trasparenza nella designazione dei direttori dei parchi, assicurando competenza e professionalità attraverso bandi pubblici i cui requisiti sono indicati e verificati caso per caso dal Ministero, rendendo possibile una valorizzazione economica della risorsa parco».
Ma anche la Lipu parla di «pagina grigia e priva di coraggio per la storia della legislazione ambientale italiana. La lista delle cose negative della riforma è molto lunga: dalla cancellazione delle competenze per i direttori dei parchi alla politicizzazione della governance, dallo sgretolamento dell’interesse nazionale al netto sbilanciamento a favore dei poteri locali, dalla possibilità di estrazioni petrolifere al meccanismo di controllo della fauna selvatica, che non risolverà alcun problema di sovrannumero e anzi aggraverà i casi, aprendo i parchi alla caccia e dando ai cinghialai il paradossale compito di far diminuire i cinghiali».