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Ddl consumo di suolo, critiche anche dagli architetti

Ddl consumo di suolo, critiche anche dagli architetti

Ddl consumo di suolo, critiche anche dagli architetti

 

(Rinnovabili.it) – Il ddl consumo di suolo appena approdato in Parlamento? “Farraginoso e complesso”. La critica arriva dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC), che unisce la sua voce a quella dell’Anci.

Sotto la lente degli architetti finisce il progetto di legge sul “Contenimento del consumo e riuso del suolo edificato” che da qualche giorno è stato licenziato dalle Commissioni Ambiente e Agricoltura e ora è in discussione a Montecitorio. Si tratta di una versione profondamente rivista rispetto al testo originale, presentato dall’allora ministra alle Politiche agricole Nunzia De Girolamo durante il Governo Letta.

 

consumo di suoloIl nuovo ddl riformula la procedura per definire la riduzione progressiva vincolante, in termini quantitativi, di consumo di suolo a livello nazionale: sarà un decreto interministeriale – previo accordo con le Regioni – a stabilirla. I ministeri coinvolti sono 4 (Politiche agricole, Ambiente, Beni culturali e Trasporti) e il decreto va sottoposto a revisione ogni 5 anni.

Già nei giorni scorsi questo passaggio aveva sollevato le critiche dell’Anci. Troppi gli oneri ai Comuni: mancano le risorse per censire gli immobili sfitti o abbandonati da poter riutilizzare e riqualificare. Secondo l’associazione dei Comuni c’è poi la questione dell’accavallamento delle competenze tra enti locali di diverso livello e il rischio di pestarsi i piedi senza concludere, di fatto, nulla.

 

Critiche che il CNAPPC fa sue. Mettendo in discussione l’ordine delle priorità. “Il vero problema è a monte – ha detto il presidente del CNAPPC Giuseppe Cappochin in un’intervento al congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica – Il contenimento del consumo di suolo deve essere la logica conseguenza della politiche di rigenerazione e non imposto per legge senza un adeguato progetto anche economico di rigenerazione. Basterebbe guardare, a riguardo, all’esempio francese che si muove in questa ottica lungimirante”.

Secondo gli architetti, manca una politica di rigenerazione urbana di ampio respiro, che abbia un’orizzonte temporale almeno al 2050 e guardi all’inclusione sociale, alla riqualificazione ecologica ed ambientale degli spazi urbani, alla mobilità sostenibile.

“È innegabile – continua – che singole e settoriali iniziative siano già state messe in atto, e mi riferisco alla prossima pubblicazione del bando per le Periferie: solo un piano straordinario di investimenti pubblici e privati, fondato su precise priorità e finalizzato alla definizione di incisive politiche urbane, può essere però la condizione per avviare un nuovo ciclo di sviluppo economico e sociale, necessariamente diverso rispetto ai modelli passati, ispirato ai principi della sostenibilità e caratterizzato dalla promozione dei settori più innovativi”

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