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Dati smog: la Cina impone il silenzio alle ambasciate

Pubblicare i bollettini sull’inquinamento urbano cinese è illegale. Lo ha comunicato alle ambasciate straniere il ministro dell’ambiente Wu Xiaoqing

(Rinnovabili.it) – Che Pechino protegga con le unghie e con i denti i propri affari interni non fa più notizia. Ma che anche l’inquinamento atmosferico diventi un argomento tabù per tutte le fonti non governative è una novità. Ad annunciarlo è stato ieri il vice ministro dell’Ambiente Wu Xiaoqing in conferenza stampa. Wu ha fatto sapere che, d’ora in poi, le uniche informazioni ufficiali in merito allo smog cinese proverranno dal Governo e che tutte le ambasciate straniere che emettono bollettini periodici sulla qualità dell’aria della capitale dovranno cessare le proprie letture. Ogni nuova analisi non ufficiale verrà, infatti, ritenuta illegale se diffusa all’esterno o pubblicata su internet.

Il monito sembra inevitabilmente diretto all’ambasciata statunitense di Pechino che tweetta ogni ora le proprie letture atmosferiche, spesso e volentieri decisamente più severe di quelle offerte dall’amministrazione comunale, divenendo un punto di riferimento per quasi 20 mila seguaci. In realtà la Cina ha inasprito le norme relative al monitoraggio dello smog urbano, ma molti abitanti di Pechino sembrano rimanere scettici di fronte alle informazioni ufficiali le cui misurazioni sono comunicate spesso a 24 ore di distanza dalla rilevazione. “Secondo la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche – ha spiegato il vice ministro – i diplomatici stranieri sono tenuti a rispettare e seguire le leggi locali e non possono interferire negli affari interni”. La motivazione? Sarebbe iniquo giudicare l’aria cinese attraverso gli standard dell’EPA statunitense dato l’attuale stadio di sviluppo della Cina e ogni dato non governativo diffuso non farebbe che confondere la popolazione.