(Rinnovabili.it) – Alla fine Trump ha avuto la meglio. Ieri sono ripresi i lavori sugli ultimi 335 metri del DAPL, l’oleodotto da 3,8 miliardi di dollari e 1.800 km che porterà petrolio fino all’Illinois dopo aver attraversato 4 stati. Non sono bastate le proteste di centinaia di migliaia di persone, né il presidio durato mesi a sostegno della tribù Sioux degli Standing Rock.
Energy Transfer Partners, la compagnia capofila del progetto, ha avviato le trivellazioni al di sotto del lago Oahe, parte del sistema del fiume Missouri. Secondo le stime dell’azienda, il DAPL potrebbe diventare operativo verso maggio e realizzare il collegamento in direzione delle raffinerie affacciate sul golfo del Messico.
Tutto è cambiato da quanto il presidente Donald Trump è entrato alla Casa Bianca. La pipeline era rimasta in una sorta di limbo durante gli ultimi mesi della presidenza Obama. Dopo mesi di manifestazioni e sit-in era arrivato lo stop. Fondamentale la decisione del Genio militare di bloccare tutto: i terreni su cui passa l’ultimo tratto di oleodotto sono di suo proprietà. Il progetto era quindi stato congelato in attesa che venissero compiute valutazioni più approfondite sull’impatto ambientale dell’infrastruttura.
I timori riguardano proprio l’attraversamento del lago Oahe. Se si verificasse una perdita lì, sostengono gli attivisti, verrebbero inquinate le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle. Argomenti che non hanno fatto desistere Trump. Con un ordine esecutivo ha riesumato sia il DAPL che il Keystone XL, l’altro grande oleodotto che doveva collegare Stati Uniti e Canada, a suo tempo bloccato da Obama. E il Genio militare ha fatto retromarcia, annullando gli studi in corso e lasciando spazio al cantiere.
“Questa amministrazione ha manifestato totale e profondo disprezzo non solo per il nostro diritto all’acqua, ma per l’ambiente nel suo complesso”. Questo il commento amaro degli Standing Rock in una nota pubblicata sul loro sito.