di Daniela Martinelli e Francesco Pigozzo
Wiel Veugelers ha insegnato dapprima all’Università di Amsterdam (1979-2015) ed è poi stato Professore Ordinario di Educazione all’Università di Studi Umanistici di Utrecht (Olanda). Dal 2019 è in pensione ma prosegue le sue ricerche e il suo impegno nel campo dell’educazione alla cittadinanza che definisce “critico-democratica”. È membro di comitati editoriali e scientifici di diverse riviste specialistiche del settore, ha svolto incarichi di consulenza scientifica nel settore delle politiche educative a livello europeo e nazionale olandese.
Quali connessioni o contraddizioni vede tra quello che la occupa come individuo (lavoro, ricerche, passioni, ossessioni…) e quello che la pre-occupa come essere umano che fa parte di molteplici collettività, dal locale al globale?
Sono stato impegnato nella ricerca sull’educazione alla cittadinanza per oltre 40 anni. Recentemente la sostenibilità è entrata a far parte del pensiero e della pratica dell’educazione alla cittadinanza: a buon diritto, perché è una preoccupazione sempre più rilevante per tutti noi. Sia la cittadinanza che la sostenibilità influenzano la vita di ogni persona. E l’educazione può influenzare lo sviluppo degli esseri umani. Non si tratta solo di grandi concetti. Se mi si chiede di collegare il mio pensiero personale sull’educazione sostenibile alla mia vita personale, penso ad esempio anche ai miei hobby. Mi piace la musica rock, il calcio, viaggiare, mangiare e bere. Parlando di quando giocavo a calcio, dicevo sempre che ero più bravo nella teoria che nella pratica. Lo stesso vale per la musica rock. E che dire degli hobby che hanno un legame più forte con la sostenibilità: viaggiare e mangiare e bere. Sono ben cosciente dell’importanza della sostenibilità e cerco di cambiare anche le mie abitudini di conseguenza: scrivere testi come questo stimola a pensare a una vita più sostenibile, un migliore equilibrio tra guadagno personale e divertimento e attenzione per il mondo. Certo, la teoria è più facile della pratica: tuttavia, l’esigenza di sostenibilità è sempre più pressante. Da specialista di educazione alla cittadinanza, quindi, dico che concentrarsi sulla democrazia, sui diritti umani, sulla giustizia e sull’uguaglianza dovrebbe significare anche concentrarsi sulla sostenibilità della democrazia, sostenibilità del mondo naturale in cui viviamo e sostenibilità del rapporto degli esseri umani con il pianeta.
“Se tutti in tutto il mondo facessero così, diventerebbe impossibile fare così per chiunque”. “Continuando a fare così, ben presto noi esseri umani non potremo più fare così”. Che cosa le evocano queste frasi?
Mi evocano il concetto di sostenibilità e il fatto che esso non dovrebbe essere utilizzato solo per affrontare temi naturali e biologici. La sostenibilità dovrebbe essere considerata come un carattere duraturo dell’azione umana: una virtù nella tradizione di Aristotele. La sostenibilità mostra gli effetti a lungo termine dei processi di sviluppo.
La sostenibilità può essere affrontata come una questione tecnica e biologica, separata dalla società e dagli studi sociali. Tuttavia, studiare le questioni tecniche e biologiche inserite nel loro contesto sociale, culturale e politico ci permette di capire meglio come si possono realizzare i cambiamenti e quale contributo possono dare le persone, in quanto cittadini impegnati e attivi, a questi cambiamenti. Dimostra allo stesso tempo che le persone influenzano la natura e che possono contribuire positivamente a un mondo più giusto e sostenibile. Scrivo “possono”, perché questa è una scelta.
Un esempio interessante dell’uso del concetto di sostenibilità è la riflessione di Andy Hargreaves sulla leadership scolastica sostenibile. Hargreaves cita diversi indicatori di leadership sostenibile. Ad esempio, un indicatore non è il funzionamento della propria scuola, ma quello delle altre scuole circostanti. Il ragionamento è che i dirigenti scolastici non sono responsabili solo della propria scuola, ma anche del benessere di tutte le scuole circostanti. Un secondo indicatore di sostenibilità è il funzionamento della scuola nell’arco di cinque anni, quindi il criterio non è il successo a breve termine ma quello a lungo termine.
Il rapporto tra sostenibilità ed educazione è piuttosto recente, d’altronde. Naturalmente esisteva già un’attenzione per il clima, per il mondo naturale e per il futuro del pianeta. Si parlava di studi ambientali. Ma con il concetto di sostenibilità si può fare un forte balzo in avanti. Collega il naturale con il politico. Sfida le persone a sostenere la natura invece di distruggerla. Il concetto globale di cittadinanza, più che quello nazionale, è particolarmente adatto allo scopo. Riguarda il pianeta nel suo complesso, il ruolo della specie umana sul pianeta e nel cosmo: come possiamo vivere insieme sul pianeta ora e in futuro. Si tratta della sostenibilità del pianeta, della specie umana e di come le persone possano vivere insieme in futuro. La cittadinanza comprendeva già molte prospettive diverse: politiche, sociali e culturali. Ora anche le prospettive naturali e biologiche stanno diventando parte della cittadinanza e dell’educazione alla cittadinanza. Questo collegamento tra il politico e il naturale rende entrambe ancora più importanti per crescere le generazioni del futuro.
Stanno finalmente guadagnando visibilità i problemi di sostenibilità biologica, economica, sociale, culturale che pesano sull’esistenza dell’umanità – eppure si tarda e si fatica troppo a prendere e attuare decisioni collettive conseguenti: non è che c’è qualcosa di insostenibile anche nell’organizzazione politico-istituzionale umana?
Posso provare a rispondere nella mia prospettiva di pedagogista. L’educazione alla cittadinanza riguarda il vivere insieme: nella società, nella comunità e nel mondo. Negli ultimi decenni il concetto di cittadinanza è stato approfondito e ampliato. Con l’approfondimento intendiamo dire che il concetto ha incluso, oltre al livello politico, anche il livello sociale e culturale della convivenza. La dimensione civica della vita è entrata profondamente nella sfera personale della gente. È sorprendente, però, che questo approfondimento sia parte della politica neoliberale contemporanea in molte società occidentali. In linea di principio, la visione neoliberale suggerirebbe che la politica non debba cercare di influenzare lo sviluppo della società ma rispettare la responsabilità individuale. Oggi però vediamo il contrario: la cittadinanza e l’educazione alla cittadinanza sono un elemento forte della politica in tutto il mondo, sia nelle società democratiche che in quelle autocratiche.
L’ampliamento del concetto di cittadinanza significa che la cittadinanza non è legata solo allo Stato nazionale, ma si estende a formazioni regionali come l’Unione Europea e persino al mondo intero, come nel concetto di cittadinanza globale. Come il concetto di cittadinanza, anche quello di cittadinanza globale può avere molti significati e articolazioni diverse. Può riferirsi alla specie umana che occupa il pianeta, al pianeta stesso e al processo di globalizzazione. E ancora, il concetto stesso di globalizzazione ha molte connotazioni diverse… In sostanza, la globalizzazione è il collegamento di diverse parti del mondo. Ma questo collegamento può essere guidato da forze diverse: il mercato economico, idee politiche e ideologiche come i diritti umani e la democrazia, ma anche modi più autoritari di organizzare la società. Per un certo periodo, la globalizzazione ha avuto per molti una connotazione positiva: di progresso, di connessioni, di orientamento comune. Recentemente molti vedono anche gli effetti negativi della globalizzazione: sfruttamento delle risorse, dei prodotti e delle persone, dominio culturale, emarginazione di altre voci, ecc. La globalizzazione ha perso la sua innocenza.
Ci aiuti per cortesia, pensando alla sua esperienza, a costruire una risposta collettiva a questa domanda: che cosa è indispensabile sapere e cosa è indispensabile imparare a fare per un essere umano oggi?
Partirò evocando un interessante dibattito che, nell’istruzione olandese, ha coinvolto proprio gli studi ambientali: alcuni biologi e filosofi sostenevano che non dovremmo mettere in croce i bambini con i problemi che abbiamo creato. Non dovremmo metterli di fronte al disordine che abbiamo creato. Io, invece, penso che non dovremmo nascondere i problemi, ma mostrare come le persone possono creare un mondo migliore: naturale, più giusto, equo, attento, sostenibile. Si tratta di mostrare prospettive, pensiero critico e azione collettiva.
Non è possibile parlare in generale di “buona” cittadinanza; essa dipende dall’articolazione di ciò che si pensa sia un “buon” cittadino. E questa articolazione – in particolare come parte di una politica – dipende da idee e condizioni politiche, ideologiche e culturali, e dalle contraddizioni che ne possono derivare. Il modo di concepire e rappresentare la cittadinanza è cruciale nella società ed è il campo di gioco in cui forze sociali, culturali e politiche lottano per il dominio. La lotta di Gramsci per l’egemonia è ancora viva. Questa lotta sul significato di cittadinanza e sui contenuti dell’educazione alla cittadinanza è presente in tutte le società, e in parte è visibile e palese nelle società democratiche. In un recente studio per il Parlamento europeo sull’attuazione dell’educazione alla cittadinanza nell’Unione europea e nei suoi Stati membri, abbiamo scoperto che in molti Stati membri dell’UE la politica sta lottando su quali debbano essere i contenuti dell’educazione alla cittadinanza. Questa lotta sul significato di cittadinanza è da un lato un indicatore dell’importanza dell’educazione alla cittadinanza. D’altra parte, spesso questa lotta ostacola la formulazione di obiettivi comuni, di un curriculum e della sua attuazione. L’educazione alla cittadinanza rischia di essere eccessivamente politica. Invece di concentrarsi sulla democrazia e sui processi sociali e politici, alcune persone – spesso più conservatrici – vogliono enfatizzare le proprie idee politiche. L’educazione in generale, e alla cittadinanza in particolare, dovrebbe invece essere un esempio di democrazia che rispetta le diverse idee, sfidando le persone a riflettere e ad agire, a dialogare con altre persone e a cercare di trovare un consenso che valorizzi altre prospettive e avversari. La democrazia dovrebbe essere, come diceva Dewey, uno stile di vita.
L’educazione alla cittadinanza sostenibile dovrebbe far parte di tutti gli elementi della scuola considerati rilevanti per l’educazione morale e l’educazione alla cittadinanza. Dovrebbe far parte del curricolo: sia nell’educazione civica come materia a sé sia in altre materie come biologia, scienze, geografia, economia, studi sociali, studi religiosi, arte e letteratura. L’educazione è un processo di socializzazione non solo tramite le materie scolastiche, ma anche tramite il confronto interpersonale e l’organizzazione della vita scolastica: la cultura scolastica, l’esempio degli insegnanti, l’interazione degli studenti e degli studenti con gli insegnanti, l’organizzazione scolastica formale e informale e le attività con la comunità. Tutti questi elementi educano le persone e possono essere utilizzati per contribuire allo sviluppo di persone impegnate nella cittadinanza sostenibile.
Letture per approfondire. Di Wiel Veugelers: Education and Humanism, SensePublishers, Rotterdam 2011; Learning and teaching in critical-democratic citizenship education , Universiteit voor Humanistiek, Utrecht 2019; How globalisation influences perspectives on citizenship education: from the social and political to the cultural and moral, in “Compare: A Journal of Comparative and International Education”, n°51/2021, pp. 1174-1189.
Chi volesse reagire a queste risposte, ponendo altre domande a Wiel Veugelers, ci scriva a formazione@rinnovabili.it. Alla luce delle sue riflessioni, noi formuliamo queste ulteriori questioni che valgono anche per tutti i nostri lettori:
Quali sono a suo parere, nell’Unione Europea attuale, i concetti alternativi di “cittadinanza” che si contendono l’egemonia culturale e politica?
Può sviluppare ulteriormente, sia in termini teorici sia in termini di varianti e esempi empirici in diversi ambiti dei sistemi di istruzione, il paradosso di un neo-liberismo particolarmente interventista in materia di politica educativa, specie rispetto all’educazione alla cittadinanza?
Non trova che l’esperienza vissuta dalla cittadinanza in generale, e dalla scuola in particolare, durante lo stato d’emergenza legato alla pandemia (stato d’emergenza che peraltro appare in via di prolungamento sotto le nuove forme di una crisi economica e materiale di inedita portata) abbia mostrato il valore profondamente “conformante” e “disciplinante” che l’educazione può assumere, a dispetto degli ideali di emancipazione cui siamo abituati a collegarla?
Il generale richiamo ai principi della sostenibilità, in una società profondamente inegualitaria e basata sulla competizione per il profitto come fine in se stesso, non rischia di diventare, malgrado la sua bontà morale astratta, proprio uno strumento di dominazione culturale e di conservazione di quelle ineguaglianze?