La tutela degli oceani deve passare attraverso azioni territoriali e programmi globali di conservazione e sviluppo sostenibile
(Rinnovabili.it) – Almeno il 26% dei nostri oceani ha urgentemente bisogno di di piani di conservazione per proteggere la biodiversità che ospita. E la percentuale rappresenta il minimo indispensabile. È uno studio condotto dall’Università del Queensland, in Australia, a lanciare l’allarme. Per il direttore della ricerca, il dott. Kendall Jones, la comunità internazionale deve aumentare velocemente gli sforzi di conservazione di flora e fauna marine per la tutela degli oceani di tutto il mondo. “Attualmente solo un terzo di tutte le specie ha meno del 10 per cento di habitat sotto protezione” spiegano i ricercatori. Lo studio ha identificato le zone plausibili e interessanti per quanto concerne la tutela degli oceani in tutto il mondo, cosa che richiederebbe “8,5 milioni di chilometri quadrati di nuove aree marine protette”. Queste aree darebbero “alle specie marine uno spazio ragionevole per vivere lontano dagli impatti umani come la pesca, la navigazione commerciale o il deflusso di pesticidi”.
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La mappatura, che conta oltre 22.000 habitat marini, ha incluso anche aree di importanza internazionale denominate aree chiave per la biodiversità, aree in cui gli impatti umani sono estremamente bassi, note come aree marine selvagge, nonché aree in cui vi sono specie non inserite in protocolli di protezione della biodiversità. L’obiettivo è indicare le azioni migliori da intraprendere per proteggere il maggior numero di specie minimizzando al contempo le aree di tutela per farlo.
Utilizzando i dati su 22.885 specie marine lo studio indica come necessaria la protezione di ulteriori 8,5 milioni di km2 per rendere efficaci in questo scenario le aree già esistenti per la conservazione e la biodiversità.
Secondo la ricerca nuove priorità di conservazione sono state trovate nel 56% di tutte le nazioni costiere e risulta fondamentale gestire efficacemente dal 26% al 41% dell’oceano, a seconda degli obiettivi posti per la conservazione delle specie, attraverso azioni territoriali e programmi globali di conservazione e sviluppo sostenibile.
Questa percentuale di aree sotto protezione, sottolineano i ricercatori, è il minimo indispensabile, infatti nella ricerca non sono conteggiati tutti gli uccelli marini e solo una piccola frazione della biodiversità oceaniche ne è rappresentata. “Non si tratta solo di aree marine protette rigorosamente“, ha affermato James Watson, ricercatore, docente e direttore di Science and Research Initiative alla Wildlife Conservation Society di New York. Infatti è necessario “utilizzare una vasta gamma di strategie come zone vietate alla pesca, riserve marine comunitarie e politiche su vasta scala” se si vuole davvero parlare di tutela degli oceani. “Milioni di persone in tutto il mondo dipendono dalla biodiversità marina come fonte di cibo e reddito“, ha continuato Watson. “Un accordo globale e ben progettato per la tutela degli oceani contribuirà a preservare questi mezzi di sussistenza per il futuro”. L’azione deve essere rapida e, ha concluso Watson, “i governi devono agire con coraggio se vogliamo fermare la crisi di estinzione di molte specie marine“.
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