(Rinnovabili.it) – Un tempo sulla Terra c’erano così tanti alberi che si pensava di poterli tagliare all’infinito per utilizzarli come materia prima per molteplici impieghi. Oggi che il loro numero si è drasticamente ridotto, com’è accaduto per i bisonti nelle praterie americane, siamo disposti a fare lunghi viaggi per ammirare gli esemplari più imponenti o antichi, andando a rendere onore alla loro longevità. Siamo più distratti nei confronti dei nostri vicini di casa, gli alberi di città, dei quali stentiamo a riconoscere la bellezza, se non altro perché è difficile guardare verso le loro chiome quando si è chiusi nelle proprie automobili o piegati sui propri smartphone. Eppure gli alberi in città sono una presenza indispensabile e se riuscissimo a piantarne un po’ di più e a farli vivere rispettando la loro fisiologia, avremo risolto una gran quantità di problemi e risparmiato tanta energia. Gli alberi si nutrono e respirano attraverso le foglie, sono ghiotti di anidride carbonica, la ‘terribile CO2’. Per loro la responsabile dell’effetto serra è la molecola fondamentale che dà la vita. Facciamogliela dunque “mangiare” in cambio di ossigeno e, quando saranno belli grandi con la loro ombra, ci terranno freschi, potremo a quel punto staccare dalle facciate dei palazzi le ingombranti casse dei condizionatori d’aria, che per ridurre la temperatura dei nostri appartamenti, contribuiscono al riscaldamento globale.
C’è una professione giovanissima, nata negli Stati Uniti e arrivata in Italia solo negli anni ‘80 che le chiome degli alberi le guarda con attenzione e, soprattutto, da vicino. E’ il treeclimbing, una tecnica che consente di raggiungere ogni parte dell’albero per averne cura utilizzando corde e moschettoni, come per le arrampicate in montagna, una lavoro così affascinante da essere anche una pratica sportiva. Per le potature si utilizzano soprattutto seghe manuali, per tagliare solo i rami giusti e nel modo giusto, perché un albero è una essere vivente e ogni incisione sulla sua struttura una ferita.
“Potrei dire che noi tree climber siamo un movimento culturale”, ci dice scherzando, ma non troppo, Massimiliano Tonelli, esperto tree climber (Certified European Tree Worker, componente della Società Italiana di Arboricoltura e della International Society of Arboriculture) e docente della Scuola Agraria del Parco di Monza. “Il nostro non è soltanto un lavoro – spiega – a dire il vero ogni professione potrebbe e dovrebbe essere un movimento culturale”.
Cerchiamo, dunque, di capire cosa propone questo inatteso “movimento culturale”. Come dovremmo guardare gli alberi?
“Al momento le idee mi sembrano un po’ confuse – scherza ancora Massimiliano Tonelli – facciamo antenne per la telefonia a forma di albero e poi tagliamo gli alberi e li facciamo somigliare ad antenne”.
Sentiamo! Che cosa vede un tree climber guardando un albero?
Io vedo ciò che dovrebbe vedere chiunque, vedo un essere vivente che, per la sua staticità, in molti confondono con una struttura non vivente. Gli alberi mi fanno tenerezza, come mi accade con i bambini che non sanno ancora camminare bene o con gli anziani che si spostano a fatica con le loro ossa fragili. Ecco, nei confronti degli alberi, provo un senso di protezione perché non possono fuggire dai maltrattamenti inflitti loro dagli uomini. È un vero e proprio sentimento d’amore, senza il quale la tecnica o le attrezzature non servirebbero a niente.
Quando ha scoperto questo sentimento per gli alberi?
Sono partito dalla coltivazione dei bonsai, una pratica per la quale è necessario conoscere molto bene la fisiologia degli alberi. Avendo un passato da atleta (nuotatore n.d.r.) . ho cercato un modo per unire queste due esperienze e quando ne ho tratto un reddito la passione è diventata un lavoro, che ha influito positivamente nella mia vita. Dagli alberi ho imparato tante cose, sono esseri più evoluti di noi. Intanto sono autotrofi, ovvero sanno creare da soli il loro nutrimento, noi invece dipendiamo totalmente da loro per la nostra sopravvivenza. Gli alberi mi hanno insegnato persino l’economia e la finanza, sono dei veri maestri nel mettere da parte sostanze di riserva. Gli alberi educano a resistere, osservare, contemplare, valutare, a capire il momento giusto. E insegnano anche l’armonia. Ci sono dei suoni all’interno di un ecosistema arboreo che ci comunicano lo stato di salute della pianta.
La maggior parte di noi non vede queste cose, perché?
Gli uomini nascono in cattività, come gli animali di uno zoo, e vivono in una società che non conosce la libertà. La maggior parte di noi cresce senza quella sana selvaticità che avrebbe salvaguardato gli istinti. Siamo come quei bambini che mangiano pollo e non sanno riconoscere una gallina. La gente non vede perché non sa. Non avendo mai avuto un contatto con gli alberi non possiamo riconoscerne il linguaggio. Un tempo tutti i bambini si arrampicavano sui tronchi, rispondendo ad un istinto naturale, oggi ci arrampichiamo soltanto noi. L’unico modo per difendere gli alberi è creare una coscienza collettiva del fatto che gli alberi ci danno la vita.
Un consiglio per guardare gli alberi nel modo giusto.
Per gli alberi vanno create delle zone di rispetto così da permettere loro di raggiungere le dimensioni giuste e conservare la struttura naturale. Vanno concepiti spazi idonei a piantare un albero che tengano conto delle loro necessità. In questo modo cambierà il punto di osservazione. Mi piace l’idea delle urne biologiche con le ceneri dei defunti che si possono seppellire e dalle quali poi nasce un albero. Una vera rivoluzione che trasformerebbe i cimiteri in boschi. Chi ha amato la persona, le cui ceneri hanno nutrito l’albero, rispetterà quest’ultimo perché rappresenta un legame con lo scomparso. Attraverso la cura e la conoscenza degli alberi dedicati ai nostri cari si diffonderebbe in poco tempo una nuova cultura. L’albero piantato in occasione di una nascita non garantisce lo stesso risultato perché il legame tra bambino e pianta si spezza più facilmente.
Perché la professione dei treeclimber è così in crescita?
Perché cominciamo ad accorgerci di quanto siano necessari gli alberi, abbiamo bisogno della bellezza degli alberi.
Ma allora perché tante capitozzature?
E’ stata la tecnologia a provocare questa moda. Le motoseghe che semplificano tanto il lavoro hanno portato a questa esagerazione. Ma già ci si sta rendendo conto dell’errore e la reazione è già iniziata. Credo che presto si ritroverà il giusto equilibrio.
Trovare il giusto equilibrio per gli alberi da far vivere in città non è impresa facile. Tanti errori commessi al momento della piantumazione o nella manutenzione hanno reso molti alberi cittadini una minaccia per l’incolumità delle persone . Ma rinunciare a questa presenza sarebbe un suicidio. Buoni spunti per affrontare e risolvere il problema si potranno avere dalla Conferenza Europea di Arboricoltura “Pianificare la città verde: relazioni tra alberi ed infrastrutture“, in programma dal 26 al 28 maggio a Torino. La conferenza è organizzata dalla Società Italiana di Arboricoltura (SIA), sotto il patrocinio dell’International Society of Arboriculture (ISA) di cui è sezione italiana.