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Staffan Nilsson: obiettivo RIO+20

Mancano pochi mesi all’attesissima Conferenza di RIO+20 e si moltiplicano i tavoli di lavoro in tutto il mondo per la preparazione del Summit. Nei lunghi ed inutili vent’anni che sono trascorsi dalla prima Conferenza sullo sviluppo sostenibile sono cambiati molti fattori, specialmente le posizioni ed i rapporti tra le economie in via di sviluppo e quelle già sviluppate. Ruolo predominate in questo percorso lo ha giocato indubbiamente l’Europa che in questi 20 anni ha sempre manifestato grande sensibilità sull’urgenza di un’inversione di rotta. Nell’ambito della Comunità Europea l’EESC (European Economic and Social Committee) è l’Organo preposto a sviluppare le tematiche in preparazione alla Conferenza inviando un chiaro segnale alla comunità internazionale per l’urgenza di un cambiamento globale verso lo sviluppo sostenibile mirato a contribuire all’eliminazione della povertà e dell’ingiustizia sociale e, allo stesso tempo, per preservare le risorse naturali per le future generazioni.

Temi talmente delicati per il futuro del nostro pianeta che abbiamo deciso di andare a trovare il presidente dell’EESC, Staffan Nilsson, per capire direttamente da lui come la Comunità Europea si sta preparando al Summit di giugno.

Mauro Spagnolo: Da Rio (1992) a Rio + 20 (2012) vent’anni di grandi confronti, scontri e cambiamenti di obiettivi. Quali sono, concretamente e se ce ne sono stati, i progressi in questi anni?

Staffan Nilsson: I progressi sono stati troppo pochi. Ma io non ho una visione totalmente negativa di quello che è accaduto. Penso che da parte degli Stati Membri ci sia, rispetto ai primi anni, più consapevolezza sulla necessità di stanziare risorse e di creare una rete di relazioni internazionali: ci siamo infatti confrontati, su questi temi, con brasiliani, cinesi, e sudafricani. Vede, quando si verifica una catastrofe ambientale, non possiamo affermare con assoluta certezza che dipenda unicamente dai cambiamenti climatici. Possiamo però affermare, questo si con assoluta certezza, che è sicuramente più economico prevenire un disastro, che affrontarlo a posteriori.

Un altro piccolo progresso che è stato conquistato in questi anni è sul fronte della lotta alla povertà. E’ vero, non abbiamo raggiunto gli obiettivi prefissati, ma ciò nonostante ci sono migliaia, o forse milioni, di persone che stanno uscendo dalla situazione di totale povertà. Naturalmente molto altro si potrà e dovrà fare. E’ per questo che c’è bisogno di un forte impegno nel prossimo Summit delle Nazioni Unite.

MS: Lei ha più volte sostenuto che la preparazione  a Rio + 20 passa specialmente per la partecipazione della società civile. Come pensate di raccogliere questi contributi?

SN: Prima di tutto stiamo preparando questa Conferenza con le organizzazioni dei nostri partner europei, un gruppo a cui siamo molto legati, che sono stati invitati a pianificare i contenuti del Summit. La convinzione di tutti è che esista la necessità di individuare una linea comune e condivisa con la quale l’Europa dovrà partecipare alla Conferenza. Ci siamo affidati ai nostri comitati socioeconomici nazionali impegnandoci in un processo di verifica e discussione anche con i partner esterni all’Europa, tra i quali il Brasile, la Cina e dell’India, che ancora soffrono di problemi razziali, ma anche addirittura con i paesi ACP (African, Caribbean and Pacific). Quello che abbiamo cercato di ottenere è di avere obiettivi raggiungibili da tutti e che rappresentino i diversi interessi nella società civile.

MS: Un altro aspetto focale emerso nei lavori di preparazione alla Conferenza di Rio+20, è la necessità di individuare un nuovo modello di sviluppo: da quello capitalistico a quello sostenibile.  Avete una vostra ricetta in questo senso?

SN: Prima di tutto possiamo affermare che i nostri indicatori segnalano che nel nostro continente esiste una crescita economica. Penso però che questo trend positivo non possa essere sufficiente e stiamo lavorando, in maniera molto concreta, all’obiettivo di far incrementare questa crescita. Nel contesto di un sistema economico capitalistico, c’è bisogno di governi senza corruzione e autorità che indichino, al settore economico, la linea entro la quale lavorare. Non è possibile lasciare al mondo economico la libertà di fare quello che vuole. La soluzione è una combinazione di sviluppo economico e sociale, così come indicato dai numerosi contributi degli esperti che stanno lavorando alla preparazione del Summit.  Ed è questa la strada che stiamo percorrendo.

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