Si terrà a giugno prossimo, nella città brasiliana, il Summit delle Nazioni Unite RIO+20. E’ tempo di consuntivi, ma specialmente di programmi per non perdere un’opportunità vitale, e forse irripetibile, per il futuro del pianeta
Temi talmente delicati per il futuro del nostro pianeta che abbiamo deciso di andare a trovare il presidente dell’EESC, Staffan Nilsson, per capire direttamente da lui come la Comunità Europea si sta preparando al Summit di giugno.
Mauro Spagnolo: Da Rio (1992) a Rio + 20 (2012) vent’anni di grandi confronti, scontri e cambiamenti di obiettivi. Quali sono, concretamente e se ce ne sono stati, i progressi in questi anni?
Staffan Nilsson: I progressi sono stati troppo pochi. Ma io non ho una visione totalmente negativa di quello che è accaduto. Penso che da parte degli Stati Membri ci sia, rispetto ai primi anni, più consapevolezza sulla necessità di stanziare risorse e di creare una rete di relazioni internazionali: ci siamo infatti confrontati, su questi temi, con brasiliani, cinesi, e sudafricani. Vede, quando si verifica una catastrofe ambientale, non possiamo affermare con assoluta certezza che dipenda unicamente dai cambiamenti climatici. Possiamo però affermare, questo si con assoluta certezza, che è sicuramente più economico prevenire un disastro, che affrontarlo a posteriori.
Un altro piccolo progresso che è stato conquistato in questi anni è sul fronte della lotta alla povertà. E’ vero, non abbiamo raggiunto gli obiettivi prefissati, ma ciò nonostante ci sono migliaia, o forse milioni, di persone che stanno uscendo dalla situazione di totale povertà. Naturalmente molto altro si potrà e dovrà fare. E’ per questo che c’è bisogno di un forte impegno nel prossimo Summit delle Nazioni Unite.
MS: Lei ha più volte sostenuto che la preparazione a Rio + 20 passa specialmente per la partecipazione della società civile. Come pensate di raccogliere questi contributi?
SN: Prima di tutto stiamo preparando questa Conferenza con le organizzazioni dei nostri partner europei, un gruppo a cui siamo molto legati, che sono stati invitati a pianificare i contenuti del Summit. La convinzione di tutti è che esista la necessità di individuare una linea comune e condivisa con la quale l’Europa dovrà partecipare alla Conferenza. Ci siamo affidati ai nostri comitati socioeconomici nazionali impegnandoci in un processo di verifica e discussione anche con i partner esterni all’Europa, tra i quali il Brasile, la Cina e dell’India, che ancora soffrono di problemi razziali, ma anche addirittura con i paesi ACP (African, Caribbean and Pacific). Quello che abbiamo cercato di ottenere è di avere obiettivi raggiungibili da tutti e che rappresentino i diversi interessi nella società civile.
MS: Un altro aspetto focale emerso nei lavori di preparazione alla Conferenza di Rio+20, è la necessità di individuare un nuovo modello di sviluppo: da quello capitalistico a quello sostenibile. Avete una vostra ricetta in questo senso?
SN: Prima di tutto possiamo affermare che i nostri indicatori segnalano che nel nostro continente esiste una crescita economica. Penso però che questo trend positivo non possa essere sufficiente e stiamo lavorando, in maniera molto concreta, all’obiettivo di far incrementare questa crescita. Nel contesto di un sistema economico capitalistico, c’è bisogno di governi senza corruzione e autorità che indichino, al settore economico, la linea entro la quale lavorare. Non è possibile lasciare al mondo economico la libertà di fare quello che vuole. La soluzione è una combinazione di sviluppo economico e sociale, così come indicato dai numerosi contributi degli esperti che stanno lavorando alla preparazione del Summit. Ed è questa la strada che stiamo percorrendo.