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RIO + 20, non è questo il futuro che vogliamo

Il “Futuro che Vogliamo” non è quello risultato dal processo negoziale di Rio+20. Una dichiarazione forte e netta che esprime la delusione di quanti aspettavano che la Conferenza ONU sullo Sviluppo Sostenibile producesse i risultati di cui il Pianeta ha bisogno. Una dichiarazione che diventa lo slogan di associazioni ambientaliste e gruppi della società civile presenti all’appuntamento brasiliano con buone speranze e proposte fattive, tutte puntualmente disilluse. A rompere il disincanto sono stati da un lato i grandi assenti, dimostrazione che la questione economica non contemplerà mai un secondo posto nella agenda politica, e dall’altro un testo finale privo di qualsiasi ambizione. Linguaggio senza mordente, giri di parole e promesse di poca sostanza hanno fatto gridare a molti “fallimento colossale” ancor prima della fine.

E in quest’ultimo giorno di vertice c’è chi tira le somme su passi avanti e passi indietro, bocciando senza riserve il summit. Il nulla di fatto sullo stop ai sussidi “sporchi”, il rinvio del trattato sugli oceani, le questioni di fondo legate alla definizione stessa della parola green economy stridono con l’ottimismo mostrato invece dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, convinto fino all’ultimo che il documento finale sia “molto solido, concreto, ambizioso e capace di dare buone fondamenta per costruire un futuro sostenibile”.

“Rio+20 era una Conferenza sulla vita; sulle future generazioni; sulle foreste, gli oceani, i fiumi e i laghi da cui tutti noi dipendiamo per avere cibo, acqua ed energia. Era una Conferenza per affrontare la pressante sfida di costruire un futuro che ci possa sostenere” ha dichiarato il direttore generale del WWF Jim Leape. “Sfortunatamente, i leader del pianeta riuniti qui hanno perso di vista questa urgente motivazione. Ma l’urgenza di agire non è cambiata. E la buona notizia è che lo sviluppo sostenibile è una pianta che ha messo radici; crescerà nonostante la debole leadership politica qui a Rio.” Ecco perché le associazioni ambientaliste hanno deciso, assieme gruppi della società civile,di presentare una lettera alle Nazioni Unite e ai delegati di Rio+20 in cui vengono prese le distanze dal testo finale.

“L’Europa – ha commentato Mariagrazia Midulla, responsabile policy Clima ed Energia WWF Italia – si é presentata a Rio con proposte relativamente ambiziose, pure ben poche di queste proposte sono sopravvissute nel testo finale. E’chiaro che il ruolo della UE é cambiato nel contesto globale, e che oggi le economie emergenti hanno assunto un ruolo politico nuovo e primario. Per questo, l’autorevolezza politica europea non può che risiedere nella forza dell’esempio. Come WWF, dunque, sfidiamo la UE: dopo Rio, non solo bisogna comunque cercare di costruire sui pochi risultati ottenuti, ma soprattutto bisogna applicare le proprie posizioni a livello europeo, nel concreto”.

A risollevare le sorti mondiali, almeno in parte, sono invece tutti gli eventi di contorno, gli oltre cento impegni ed azioni  intraprese negli eventi collaterali a Rio+20. Lo dimostra il Ghana che ha presentato un piano nazionale di azione energetica per sostenere i meccanismi di finanziamento innovativi seguito da Bangladesh, Kenya, Mozambico, Nepal, Tagikistan, Uruguay e Vietnam. Nel frattempo, il Brasile, il paese ospitante, si è impegnato a investire altri 4,3 miliardi dollari per fornire l’accesso universale all’energia a livello nazionale entro il 2014. La Microsoft ha dichiarato il proprio obiettivo a divenire carbon neutral entro il 2013, l’italiana Eni ha stanziato circa5 miliardi di dollari per un progetto integrato di costruzione e riabilitazione di centrali e delle reti di trasmissione e distribuzione di energia elettrica in Congo e l’’India Energy and Resources Institute ha promesso di ampliare i servizi di illuminazione per le famiglie dei paesi in via di sviluppo, usando il fotovoltaico e altre tecnologie energetiche pulite, entro il 2018.

 

Di seguito la dichiarazione presentata da associazioni ambientaliste e società civile

IL “RIO+20” CHE NON VOGLIAMO

Il “Futuro che Vogliamo” non si trova nel documento che porta questo nome.

Il “Futuro che Vogliamo” non è quello risultato dal processo negoziale di Rio+20.

Il “Futuro che Vogliamo” è fatto di impegni concreti e azione, non di sole promesse. Ha l’urgenza necessaria per risolvere, non posporre, la crisi sociale, ambientale ed economica. E’ fatto di cooperazione ed è in linea con la società civile e le sue aspirazioni, non solo con le posizioni comode dei governi.

Nessuno di questi punti si trova nei 283 paragrafi del documento ufficiale che questa Conferenza lascerà in eredità. Il documento intitolato “Il Futuro che Vogliamo” è MEDIOCRE e non è altezza dello spirito e dei passi avanti fatti nei vent’anni trascorsi da Rio92. Né è all’altezza dell’importanza e dell’urgenza delle questioni affrontate. Le agende fragili e generiche per i prossimi negoziati non garantiscono risultati.

Rio+20 passerà alla storia come la conferenza ONU che ha offerto alla società globale un esito segnato da gravi omissioni. Mette a rischio la conservazione e la resilienza sociale ed ambientale del pianeta, così come ogni garanzia di diritti umani acquisiti per le generazioni presenti e future.

Per tutte queste ragioni, come molti gruppi e individui della società civile, registriamo la nostra profonda delusione rispetto ai capi di Stato, sotto i cui ordini e guida hanno lavorato i negoziatori, e dichiariamo che non ammettiamo né avalliamo questo documento.

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