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Realacci: «Nelle 10 tesi per la sostenibilità è la sfida dei saperi interdisciplinari»

Realacci: «Nelle 10 tesi per la sostenibilità è la sfida dei saperi interdisciplinari»

Ermete Realacci con la giornalista Isabella Ceccarini

Realacci: «Nelle 10 tesi per la sostenibilità è la sfida dei saperi interdisciplinari»
Ermete Realacci con la giornalista Isabella Ceccarini

La visione mobilitante delle 10 tesi per la sostenibilità

I vincitori delle 10 tesi per la sostenibilità dimostrano che abbiamo le energie per muoverci nel solco delle tre parole chiave indicate dall’Europa: coesione, transizione verde e innovazione. Le sfide della sostenibilità si vincono con l’interdisciplinarità. Chiamano all’azione tutte le intelligenze e tutti i saperi, quelli umanistici e quelli scientifici, che si devono incrociare con una visione olistica e mobilitante.

Ne abbiamo parlato in una conversazione con Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e promotore del premio.

Cosa ha spinto la Fondazione Symbola a ideare questo premio?

Il premio 10 tesi per la sostenibilità in realtà nasce da una vecchia idea di Legambiente negli anni Novanta, quando ero presidente: si chiamava 10 tesi per l’ambiente.

Alcune impostazioni erano simili: ad esempio, percepire il fatto che le sfide della sostenibilità non fossero appannaggi di un solo sapere ma fossero una chiamata all’azione di tutte le intelligenze, di tutti i settori.

E poi scegliere il punto di cambiamento nella vita degli studenti, che è la tesi.

C’è stata una grande adesione femminile.

Quasi il 62%. Delle dieci tesi che hanno vinto, sei erano fatte da donne.

I temi della sostenibilità vengono generalmente associati alle materie scientifiche. Invece emerge dalle 10 tesi per la sostenibilità una grande interdisciplinarità.

L’interdisciplinarità è un elemento costitutivo che parte dall’approccio olistico di Symbola, dalla convinzione che i saperi si incrociano e che il massimo della competenza scientifica deve sempre avere una capacità di visione mobilitante o rischia di diventare un dato freddo.

Introducendo la premiazione ho citato una frase di Antoine de Saint-Exupéry (l’autore del Piccolo principe): «Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini solo per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito».

È questa la visione mobilitante, è la sfida per un’economia a misura d’uomo, per contrastare la crisi climatica, una sfida che è anche economicamente conveniente.

Symbola lavora ormai da 15 anni a rapporti sul green, sulla cultura, sulla coesione. I dati dimostrano che una parte crescente delle nostre imprese si è orientata in questa direzione e i risultati sono più che soddisfacenti: esportano di più, innovano di più e creano più posti di lavoro. Un esempio concreto in tal senso è la manifattura, che supera il 40%).

Molti invece sostengono che la sostenibilità freni l’economia.

I frenatori ovviamente non hanno quasi mai il coraggio di dire che l’ambiente non è importante, ma dicono che danneggia l’economia. Questo mantra va ribaltato, anche nei campi più delicati.

Prendiamo ad esempio le energie rinnovabili. Dobbiamo evitare che tra qualche anno ce le vendano gli arabi. È ovvio che per loro è conveniente continuare a vendere il petrolio il più a lungo possibile, ma hanno capito anche loro che la direzione è un’altra.

Il terreno più spinoso è quello dell’auto elettrica, anche perché le industrie automobilistiche europee si sono mosse in ritardo.

A luglio la Cina, che il più grande mercato automobilistico del mondo, ha fabbricato più del 50% di autovetture elettriche o ibride. Qui le auto elettriche costano meno di quelle tradizionali perché le industrie automobilistiche cinesi sono nate per fare l’elettrico. All’inizio di questo millennio la Cina fabbricava il 5% di auto del mondo e l’Europa il 35%; adesso la Cina fa il 33-34% e l’Europa il 15%.

Non basteranno i dazi a fermare quelle auto: costano talmente meno che uccideranno l’industria automobilistica europea. La soluzione non è fermare il mondo, ma svegliarsi.

Ricordo quello che successe con le marmitte catalitiche. In Italia furono per lungo tempo bloccate dalla Fiat e dai sindacati con la scusa che alle macchine italiane non servivano perché erano più piccole.

Il risultato di questo blocco fu che quando si passò, com’era ovvio, alle catalitiche fummo costretti a comprarle dai tedeschi perché non avevamo fabbriche che le costruissero.

Bisogna essere realisti. Quando sono arrivati gli smartphone non avremmo potuto salvare la Ferrania o la Kodak sovvenzionando la produzione delle pellicole, né salvare le carrozze quando è arrivato un altro tipo di mobilità.

L’Europa ha azzeccato le tre parole chiave su cui muoversi: coesione, transizione verde e innovazione. 10 tesi per la sostenibilità va in questa direzione e fa capire che ci sono le energie per realizzarla.

A proposito di visione, questo premio sembra che abbia dietro le quinte – ma neanche troppo – il Manifesto di Assisi e la Laudato si’.

La prima frase del Manifesto di Assisi dice: «affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande opportunità per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro».

Tornano i due termini: la necessità di muoversi e al tempo stesso il fatto che muoversi in quella direzione suscita nuove energie e costruisce una nuova economia. In ultima analisi un’economia che è anche più competitiva. Questo ragionamento incrocia tante caratteristiche dell’economia italiana.

Sempre nel Manifesto di Assisi era scritto che «l’Italia deve fare l’Italia». Pensiamo a quando viene affrontato il tema della sobrietà. Si dice da un lato che la sobrietà non è meno vita ma è una vita liberamente scelta e indica una vita più piena e ancora che non è contro l’economia ma a ben guardare ne costruisce una sua premessa.

Quindi è una maniera di leggerla non come un obbligo distante e un po’ freddo, ma come una sfida, un’avventura. Si vedeva nello sguardo dei ragazzi premiati, sono forze vitali.

Questo è fondamentale per un Paese come l’Italia che da un lato è bellissimo ma dall’altro è vecchio, stanco e spaventato.

Il premio 10 tesi per la sostenibilità può aprire delle prospettive ai ragazzi?

Sono molto bravi, se fossi un’impresa li cercherei subito. Symbola può dare loro spazio: sul nostro sito mettiamo gli abstract di tutte le tesi e il testo completo dei dieci elaborati vincitori con i riferimenti di questi ragazzi. Quindi chi vuole cercare competenze le può trovare qui.

Poi si deve creare un clima favorevole. Nel Rapporto GreenItaly (la nuova edizione sarà presentata il 25 ottobre) è sempre più evidente che le competenze ambientali sono richieste in tutti i settori del lavoro. Sicuramente 10 tesi per la sostenibilità spinge per incrociare questi elementi.

Come possiamo competere nello scenario globale?

Uno potrebbe dire “che c’entra la filosofia con i pannelli fotovoltaici”? C’entra, sono cose che si incrociano.

La forza dell’Italia che è sempre stata legata da un lato alla bellezza e dall’altro all’incrocio tra cose diverse. Come diceva lo storico dell’economia Carlo Maria Cipolla, «costruire all’ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo» e anche usare le difficoltà per cambiare le prospettive.

Basta vedere quello che abbiamo fatto nel campo dell’economia circolare. Il primato dell’Italia sul recupero dei rifiuti nei cicli produttivi non è legato né a leggi né a incentivi né a burocrazia, ma al fatto che siamo poveri di materie prime, quindi o si trasformavano gli scarti o si era fuori gioco.

Questo oggi vale per tante cose. È chiaro che la Cina si sta muovendo anche con la forza di un Paese grande che quando dice una cosa la fa, anche perché non ha opposizioni interne. Non potremo mai competere con la Cina nel controllare le miniere africane.

Però siamo forti nel minimizzare l’uso dei materiali e nel recuperarli: usiamo questo punto di forza. La partita delle batterie si vince anche lì.

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