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MED FEST, le anime del Mediterraneo

MED FEST, le anime del Mediterraneo
Il Teatro Lirico di Cagliari dove si è svolta la premiazione dei MED FEST Awards

Il Mediterraneo protagonista del MED FEST

Qual è il messaggio di una grande manifestazione internazionale come MED FEST? L’idea di Mediterraneo supera la protezione dell’ambiente e della biodiversità, o l’idea di un turismo sostenibile o la valorizzazione dell’artigianato e delle tradizioni. È il posto dove persone cercano punti di incontro per provare a superare le divisioni.

Il MED FEST Award ha premiato chi, a vario titolo, ha valorizzato le varie dimensioni del Mediterraneo: sport, arte, cultura, creatività, scienza. Ne abbiamo parlato con alcuni degli ideatori.

Daniela Ropolo, responsabile Sostenibilità

Quale messaggio vuole veicolare MED FEST? Ci sono tante culture, il mare in comune… È un viaggio.

Il messaggio è proprio questo, non solo la centralità del Mediterraneo, ma tutti gli aspetti e i colori che il Mediterraneo include e raccoglie con sé interpretati con un tono diverso, più moderno, attuale e soprattutto concreto.

Ecco perché abbiamo voluto mettere insieme le varie anime del Mediterraneo, inteso come risorsa naturale da salvaguardare, come crocevia strategico commerciale nazionale e internazionale, Mediterraneo come territorio geopolitico dove si stabiliscono equilibri tra paesi confinanti e non, culla di arte e cultura.

Vorremmo dare una versione un po’ pop del Mediterraneo che possa essere subito compresa da tutti perché le persone si rendano veicolo di tutto quello che il Mediterraneo rappresenta.

L’arte ha poco risalto quando si parla del Mediterraneo. Si parla di pesca, politica, di inquinamento, di turismo, ma non di arte.

Questa è proprio la bellezza di MED FEST che ci ha fatto scoprire e fa scoprire anche volti diversi del Mediterraneo che sono noti per gli addetti ai lavori, ma rimangono di nicchia. La volontà di questo progetto è proprio dare un respiro molto più ampio a tutto quello che il mare offre in tema di arte.

Un esempio è la scultrice britannica Emily Young, una delle artiste più importanti del panorama contemporaneo.

Pensiamo al significato della Casa dei Pesci, un museo sottomarino in cui artisti italiani e stranieri – tra cui Emily Young – hanno scolpito dei blocchi di marmo posizionati sul fondo del mare per proteggere la posidonia e la fauna ittica.

Quali saranno i prossimi passi del MED FEST?

Chissà cosa ci inventeremo il prossimo anno, siamo appena all’inizio!

Si svolgerà sempre in Sardegna o pensate di portarlo in altri paesi?

Il prossimo anno sarà ancora in Sardegna, ma probabilmente non a Cagliari. La Regione Sardegna ha voluto il MED FEST per due anni consecutivi.

Dopodiché l’idea è quella di renderlo itinerante uscendo dai confini nazionali affinché siano partecipi in maniera attiva tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Chouman Barwari, responsabile Relazioni estere

Com’è nata l’idea di MED FEST?

L’idea è nata pochi mesi fa. Mi hanno coinvolto perché avevano bisogno di coinvolgere rappresentanti istituzionali del mondo arabo.

Conoscendomi da tanti anni, e sapendo che lavoro con il Medio Oriente e il Nord Africa, mi hanno chiesto di dare una mano. Mi sono attivato subito, mi sono messo in contatto con vari ambasciatori che hanno subito colto questo invito con tanto, tanto piacere.

Sul Mediterraneo si affacciano paesi con lingue e culture diverse. MED FEST può gettare un ponte per superare le differenze, soprattutto nell’attuale, drammatico contesto geopolitico? Mi ha colpito molto vedere vicine bandiere di paesi potenzialmente in conflitto, se non fisicamente almeno idealmente. Ma qui sembrano aver trovato un punto di incontro.

Dobbiamo partire da un punto fondamentale. Senza pace, senza stabilità sia economica che politica, tutto è inutile.

La guerra non si vive, si sopravvive alla guerra e noi fortunatamente abbiamo vissuto due guerre, non una. Ho cinquant’anni e da quando avevo quattro o cinque anni abbiamo sempre vissuto in guerra, che purtroppo diventa anche una normalità.

Con i social network e le nuove tecnologie è molto più visibile, molto più crudele, ma in realtà le guerre sono sempre state crudeli. Anzi, forse era ancora peggio. I danni non sono solo fisici, sono anche psicologici, nelle famiglie che si dividono.

Secondo Lei ci sono analogie tra i paesi del Mediterraneo?

Una iniziativa come MED FEST fa sperare tantissimo: solo con il dialogo ci accorgiamo che non c’è nessuna differenza, siamo tutti molto vicini.

Ad esempio se analizziamo le lingue ci sono migliaia di parole che si assomigliano. Io sono curdo, quando sono stato a Bari per la prima volta ho scoperto parole in dialetto barese che somigliavano a quelle curde. Questo dimostra che nella storia ci sono sempre stati rapporti tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

MED FEST può contribuire a migliorare le nostre vite. È chiaro che se non ci sono la pace, la stabilità e soprattutto la volontà non solo da parte dei leader ma anche da noi stessi nel prendere iniziative del genere tutto il resto francamente è inutile.

Quale eredità può lasciare MED FEST ai giovani?

È fondamentale ricordarsi una cosa. Pensiamo a quello che sta accadendo in Medio Oriente. La mia domanda è: dopo tutto quello che è accaduto dal 7 ottobre – da entrambe le parti, non dobbiamo mai dimenticare che tutti subiscono e tutti hanno subito – se domani finisse la guerra finirebbe anche l’odio?

È questo che mi fa tanta paura, io purtroppo non ho una soluzione, ma so che servono iniziative per avvicinare le prossime generazioni. Abbiamo creato una situazione talmente drammatica per le prossime generazioni, con tutto quello che hanno visto, che siamo a un punto di non ritorno: è aumentato l’odio in modo spaventoso.

Ripeto, io ricordo solo la guerra anche se ho avuto la fortuna di vivere in Occidente, continuiamo a parlare solo di guerra. Allora c’è seriamente qualcosa che non va.

MED FEST, le anime del Mediterraneo

Marco Faimali, responsabile Comunicazione scientifica

Il Mediterraneo è uno scrigno di biodiversità. In che modo MED FEST può agire per la sua conservazione?

Il Mediterraneo rappresenta solo l’1% della superficie degli oceani totali, ma conserva tra l’8 e il 9% della biodiversità marina mondiale. Al MED FEST ho cercato di mostrare quello che la scienza sta facendo per la tutela, la conservazione e il ripristino della biodiversità.

Qual è l’obiettivo? Attraverso questi eventi di comunicazione vogliamo aumentare la consapevolezza del valore della biodiversità che non è solo un valore naturale ma anche economico, basta pensare al turismo.

Ma soprattutto la biodiversità è il volano per la nostra sopravvivenza: senza i benefici degli ecosistemi in generale, non solo marini, non potremmo sopravvivere sulla Terra.

Come rendere le persone consapevoli del valore della biodiversità?

Il nostro sforzo è avere un approccio scientifico ma nello stesso tempo più popolare: parlare con i non addetti ai lavori per far capire che forse dobbiamo smettere di comportarci come individui ignari per diventare invece consapevoli del posto in cui abitiamo e tornare a comportarci da specie.

Per fare questo dobbiamo riconoscere la nostra origine biologica e che tutto quello che abbiamo è legato a tutto quello che la natura ancora ci offre.

Dobbiamo prendere in considerazione un valore che è anche economico ma, come tutti i beni, se lo sfruttiamo fino all’osso rischiamo di rimanere senza.

Cerchiamo di stimolare un approccio sostenibile in senso circolare, far crescere la consapevolezza dell’importanza della biodiversità nel singolo cittadino, cioè far capire che siamo parte della natura, che non è una cosa staccata da noi: ogni nostra piccola azione può avere un impatto.

Dobbiamo diminuire il nostro impatto, qualche volta eliminarlo, prima di tutto per vivere meglio noi, e poi per lasciare alle nuove generazioni il posto in cui abitiamo come l’abbiamo trovato.

Le nostre azioni lasciano un’impronta sul Pianeta.  La consapevolezza derivata dalla scienza ci aiuterà a cambiare il nostro modo di vivere?

Il rischio è che la nostra miopia attuale degradi così tanto il Pianeta che i nostri figli e i nostri nipoti non potranno mai vedere le bellezze che ancora abbiamo, soprattutto nel Mediterraneo.

Non sono solo bellezze da guardare, sono quelle che ci danno i grandi benefici ecosistemici: l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo, la terra che calpestiamo. Facciamo parte di un sistema ecologico ma l’abbiamo dimenticato.

Come singoli, con le piccole scelte probabilmente influenzeremo il sistema globale, anche qualche piccola rinuncia ha un peso. Possiamo influenzare il mercato, la tecnologia, i gestori, la politica: negli ultimi anni qualcosa è cambiato.

Si comincia a capire che fare qualche rinuncia per la natura è farlo per noi stessi, per le generazioni future, per la nostra sopravvivenza in equilibrio, in sinergia, in armonia.

Rinuncia, rispetto e armonia sono le parole chiave di questo nostro tentativo di utilizzare le grandi potenzialità che hanno la ricerca e la scienza per tradurle in un linguaggio più accessibile e vicino al modo di comunicare delle nuove generazioni e delle persone non di scienza.

Evitiamo di parlare in modo difficile con tecnicismi, cerchiamo attraverso i ragionamenti di far capire lo sforzo della ricerca scientifica per l’ambiente con un fine unico per tutti: salvaguardare il posto in cui viviamo.

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