Il rapporto “Io sono cultura 2022” ha delineato l’immagine di un settore che ha pagato un prezzo altissimo alla pandemia, ma che è in netta ripresa. Creatività e cultura sono un elemento costitutivo dell’identità italiana: bisogna investire di più e avere una visione che dia maggiore slancio alle industrie creative
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – La prima riflessione che suggerisce il rapporto Io sono cultura 2022 – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi riguarda il significato più profondo di cosa sia davvero l’Italia.
La cultura non è il superfluo
Un leit motiv chiaro fin dalla copertina. Anche quest’anno Fornasetti ha dato un volto a questa analisi che entra nel vivo di una peculiarità della produzione italiana. Una scelta che deriva da una visione comune: valorizzare la cultura, la creatività e la bellezza. Dopo tutto non è la creatività che accende la scintilla dell’innovazione?
«La cultura non è il superfluo: è un elemento costitutivo dell’identità italiana», ha affermato Sergio Mattarella, auspicando che «questo patrimonio di ingegno e di realizzazioni – da preservare e sostenere – divenga ancor più una risorsa capace di generare conoscenza, accrescimento morale e un fattore di sviluppo economico».
Io sono cultura 2022, coordinato da Unioncamere e Fondazione Symbola, esamina lo stato di salute del Paese posando lo sguardo su cultura e imprese a due anni e mezzo dalla pandemia.
Cultura e occupazione
Il rapporto analizza il Sistema Produttivo Culturale e Creativo, «ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività».
Cultura come sinonimo di creatività, di bellezza, di competitività nella produzione, ma soprattutto di occupazione.
Colpisce infatti che nell’ambito della cultura si aprano spazi di lavoro per i giovani, preferibilmente se con competenze elevate.
Vogliamo aggiungere anche la capacità, tipicamente e positivamente italiana, di saper reagire alle crisi con una forte coesione sociale.
Ne abbiamo avuto l’esempio con la ripresa a gonfie vele del turismo. La ripresa dei viaggi ha messo in seria difficoltà molti Paesi, a cominciare da quelli europei, dove nel momento peggiore della crisi i lavoratori sono stati licenziati.
L’Italia ha stretto i denti e ha tutelato i suoi lavoratori che alla ripresa sono stati pronti a riprendere il loro posto.
Moltiplicatore di sviluppo
Ma non è tutto rose e fiori, ha sottolineato Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere.
La cultura è stato uno dei settori più penalizzati dalla crisi.
Tuttavia, nella fase di ripresa – che avviene in uno scenario internazionale ed energetico tragicamente difficile, non lo dimentichiamo – si sta dimostrando un moltiplicatore di sviluppo, anche se siamo ancora lontani dai livelli del 2019.
Le industrie culturali e creative sono tra i settori più strategici per facilitare la ripresa economica e sociale dell’Italia. Guardare lo scenario attuale pensando solo al turismo sarebbe una grave miopia.
Tra le industrie creative un posto d’onore spetta all’industria manifatturiera, come evidenzia Io sono cultura 2022.
Solo qualche numero per dare un’idea del peso della cultura nell’economia italiana: «dà lavoro a 1,5 milioni di persone, le attività culturali e creative sviluppate da soggetti pubblici, privati e del terzo settore attivano valore anche in altri settori dell’economia, in primis turismo, trasporti e manifattura, che abbiamo stimato essere nel 2021 pari a 162,9 miliardi di euro, facendo arrivare complessivamente l’impatto della cultura e della creatività a 252 miliardi di euro con una incidenza sull’intera economia pari al 15,8%».
Il legame tra cultura e impresa
La manifattura ha saputo attrarre i talenti creativi migliori per coinvolgerli nei processi produttivi e ha pervaso di bellezza gli oggetti che portano il Made in Italy nel mondo.
Nei dati di Io sono cultura 2022 è ben chiaro quello che ha detto Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa: «Non basta sponsorizzare un evento seguendo il vecchio adagio che gli intellettuali hanno le idee e le imprese i soldi.
Il rapporto ci ricorda che cultura e impresa hanno un legame stretto che va rinsaldato ancora di più».
Un ruolo centrale per un’altra economia
Anche se ha pagato un prezzo alto alla crisi, come ha sottolineato Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, «la cultura conferma il suo ruolo economico centrale. L’Italia deve essere protagonista della nuova Bauhaus, fortemente voluta dalla Commissione Europea».
Una sorta di officina creativa che vuole «rinsaldare i legami tra il mondo della cultura e della creatività e i mondi della produzione, della scienza e della tecnologia orientandoli alla transizione ecologica indicata dal Next Generation EU.
Cultura, creatività e bellezza sono la chiave di volta di molti settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia e consolidano la missione del nostro Paese orientata alla qualità e all’innovazione».
Molte e complesse sono le sfide che abbiamo davanti, e questo soft power può essere un facilitatore di ripresa: «Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva e più capace di futuro come affermiamo nel Manifesto di Assisi».
Un rilancio all’insegna della sostenibilità
Sostenibilità economica, ambientale e sociale. Su questi pilastri si gioca il rilancio delle aziende culturali e, come sottolinea Antonio Prete, presidente di Unioncamere, è sempre più decisiva «l’attenzione a una dimensione sempre più digitale integrata a quella fisica, cosiddetta phygital, dei servizi; una crescente integrazione di settori, canali e contenuti».
Giovanna Melandri, presidente di Fondazione MAXXI e Human Foundation, che ha ospitato la presentazione del rapporto Io sono cultura 2022 ha evidenziato un punto debole del settore: «1,5 milioni di lavoratori sono troppo pochi per le potenzialità dell’Italia». D’altra parte, se i lavoratori non vengono stabilizzati finiscono per cercare lavoro altrove, ed è un peccato perché ci sono giovani motivati e preparati.
Manca una visione soprattutto dal punto di vista politico per dare slancio a certe iniziative: per investire nella cultura bisogna crederci e far sì che le imprese culturali possano essere economicamente sane.
E se crediamo che la cultura faccia bene alla salute fisica e mentale delle persone bisogna sostenere il “consumo” culturale.
Una piccola annotazione: da quando Giovanna Melandri presiede il MAXXI sono nati 38 bambini. Una dimostrazione di inclusione e di visione che le fa onore.
Grande MAXXI, officina di futuro
Grande MAXXI è un progetto che getta le basi di un futuro all’insegna della sostenibilità, dell’innovazione e dell’inclusione. Un luogo di ricerca, di sperimentazione, di formazione, un centro senza barriere fisiche, sensoriali e digitali.
Quattro le aree di intervento: MAXXI Hub, un edificio sostenibile e multifunzionale; MAXXI Green, un nuovo microclima tra cemento e rinaturalizzazione del Museo; MAXXI Sostenibile, verso la carbon neutrality; MAXXI Accessibile e Intelligente, un grande museo per tutti.
Il MAXXI è un esempio di generatività culturale e sociale, frutto di una valutazione di impatto.
È con le scelte strategiche che la cultura può continuare a essere un driver di crescita. E questo è possibile solo se si obbedisce a una gerarchia di valori che mantiene sempre l’uomo al centro.