“Che quello verso la green economy sia un orientamento fondamentale – anzi obbligatorio – per dare un futuro al sistema produttivo del nostro Paese è qualcosa che dovrebbe essere chiaro a tutti. Se non lo è ancora, significa che il concetto rimane troppo vago nella percezione delle persone, della politica, ma anche delle stesse forze economiche: le imprese, il credito, le organizzazioni dei lavoratori”.
È questo l’incipit che nella seconda di copertina introduce “Green Economy per uscire dalle due crisi”, il Rapporto elaborato per gli Stati Generali della Green Economy dello scorso novembre e presentato la scorsa settimana all’ENEA che, oltre a fornire un approfondimento su come il fenomeno si declini a livello mondiale, indica anche i settori strategici su cui puntare, nell’ottica che quella green sia la chiave di una svolta economica con importanti potenzialità soprattutto per l’Italia.
Tra la crisi climatica e quella energetica, ha ricordato il Commissario dell’ENEA Giovanni Lelli, che ha aperto la presentazione del Rapporto, c’è un legame a circuito chiuso: entrambe si influenzano a vicenda e possono amplificare reciprocamente gli effetti positivi o negativi ora dell’una ora dell’altra. Ma individuare i settori chiave e collocarli in una forma normativa adeguata può essere la mossa che fa da leva per uscire da queste due crisi e contribuire ad aprire una nuova fase di sviluppo. A mettere in luce gli ostacoli che si possono trovare in questo percorso è il Rapporto stesso, perché “esserne consapevoli è un passo per provare a superarli”.
Ne abbiamo parlato con gli autori, il Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Edo Ronchi, e il Responsabile dell’Unità tecnica tecnologie ambientali dell’ENEA, Roberto Morabito, che ci hanno presentato il rapporto come “un primo quadro aggiornato della elaborazione internazionale sulla Green Economy, con un’analisi approfondita dei settori strategici per svilupparla” (Edo Ronchi), nonché “il primo tentativo di scattare una fotografia dei progressi che il nostro Paese sta portando avanti su questo percorso” (R. Morabito).
Inizia così la nostra intervista doppia.
Come si esce dalla crisi climatica e da quella energetica con la Green Economy?
(Ronchi) Mettendo in sintonia le politiche antirecessive e anticicliche che stimolino investimenti, innovazione e sviluppo di nuovi mercati, con produzione di beni e servizi a basso contenuto di carbonio, basati sul risparmio energetico e lo sviluppo delle rinnovabili. In pratica, dando un taglio “verde” all’economia. Ovviamente si tratta di un processo internazionale non breve.
(Morabito) Se l’obiettivo è quello di generare a livello mondiale un grado di benessere più equo e distribuito, diminuendo al contempo l’impronta ecologica dei Paesi industrializzati, credo che la strada non possa essere percorsa dall’attuale economia, la Brown Economy, basata intrinsecamente sullo sfruttamento di tutte le risorse e su un solo tipo di capitale, quello economico; viceversa la Green Economy, essendo uno strumento di sviluppo sostenibile basato non solo sul capitale economico, ma anche su quello ambientale e sociale, credo che sia l’unica via che possiamo immaginare per uscire dalle crisi in atto.
Quali sono i settori strategici su cui puntare?
(Ronchi) Dipendono ovviamente dai contesti internazionali, ma sono quelli individuati dall’UNEP: uso efficiente dei materiali, riciclo, riduzione della produzione dei rifiuti, efficienza energetica e sviluppo delle fonti rinnovabili in una prospettiva low carbon, mobilità più sostenibile, agricoltura e filiere agricole di qualità ecologica, capacità di diffusione di eco-innovazione (che non è soltanto un’eco-efficienza, ma un’innovazione finalizzata alla qualità ecologica).
(Morabito) Sicuramente quelli con cui si ha una tendenza sbagliata a confondere la Green Economy, cioè i “classici” settori delle rinnovabili e della protezione dell’ambiente, ma non solo; dobbiamo fare un grande sforzo su altri settori tradizionali italiani della Brown Economy. Nel manifatturiero, ad esempio, noi siamo il secondo Paese europeo e uno dei primi al mondo. Trasversale a tutti gli altri, poi, è il settore dell’eco-innovazione perché, se l’economia “verde” è un nuovo modello di sviluppo, abbiamo bisogno di innovazione per realizzarlo, altrimenti possiamo eccellere in uno o più settori strategici, ma senza affrontare il percorso da protagonisti.
Come si muoverà nei prossimi mesi la piattaforma creata dagli Stati Generali della Green Economy?
(Ronchi) L’Italia è molto ricca di imprese che ormai hanno scelto l’indirizzo green come proprio core business, e non solo nei settori strategici, e gli Stati Generali della Green Economy hanno fatto emergere proprio questo. Si tratta di un trend che, nonostante la crisi, regge bene e ha buone prospettive. Cosa si farà? Intanto è stata definita una roadmap per la Green Economy italiana; successivamente sarà costituito un consiglio delle organizzazioni delle imprese che fanno parte della Green Economy, che sosterrà la roadmap con tutte le forze politiche, cercando di trovare un accordo attuativo col nuovo governo.
(Morabito) Il comitato organizzatore degli Stati Generali, formato esclusivamente da aziende private, ha deciso di proseguire il percorso e di costituirsi Consiglio Nazionale della Green Economy, diventando a tutti gli effetti uno stekholder nei confronti anche del Governo. Ma gli Stati Generali hanno anche una valenza meno “politica”, che offre alle singole esperienze un momento di confronto, diffusione e quadro strategico per poter fare fronte comune nei confronti delle Istituzioni governative.