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Giornata mondiale della biodiversità, un tesoro che stiamo distruggendo

Si celebra oggi come ogni 22 maggio la Giornata mondiale della Biodiversità. Ma il clima non è quello della festa

Giornata mondiale della biodiversità 2017

La Giornata mondiale della biodiversità lancia un nuovo allarme

(Rinnovabili.it) – L’ultima edizione del Living Planet firmato dal WWF, lasciava poco spazio ai fraintendimenti: proseguendo sui ritmi attuali, tra appena 4 anni, potrebbero scomparire due terzi delle popolazioni di specie animali che oggi vivono sulla Terra. Una perdita di patrimonio naturale senza precedenti che metterà a dura prova gli ecosistemi di tutto il globo.

E l’allarme torna oggi con tutta la sua forza nella 17esima edizione della Giornata mondiale della biodiversità, l’evento voluto dalle Nazioni Unite per celebrare la ricchezza biologica terrestre. Ma come quasi ogni 22 maggio, la festa si trasforma in un grido di allarme: la biodiversità è pesantemente minacciata e il primo responsabile è l’uomo. L’abbondanza di specie sta diminuendo, ed è già calata del 40 per cento tra il 1970 e il 2000. Solamente le popolazioni che vivono negli ecosistemi di acqua dolce, in particolare di anfibi, sono declinate di oltre l’80% dal 1970. Consumi non sostenibili stanno risucchiando risorse, superando la capacità biologica terrestre.

L’impegno della Convention on Biological Diversity

Eppure esistente un impegno scritto che dal 25 anni vincola quasi 190 Paesi nel mondo nella lotta per la conservazione e valorizzazione della diversità biologia. Parliamo della Convention on Biological Diversity (CBD), fondata al Vertice sulla Terra del 1992 a Rio de Janeiro. La Convenzione copre la biodiversità a tutti i livelli: ecosistemi, specie e risorse genetiche, ed anche le biotecnologie, attraverso il Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza. In realtà, copre tutti i possibili domini che sono direttamente o indirettamente legati alla biodiversità e al suo ruolo nello sviluppo, che va dalla scienza, alla politica e all’educazione fino all’agricoltura, al commercio, alla cultura.

Nell’aprile 2002, le Parti della Convenzione hanno messo a punto un Piano Strategico al fine di orientare la sua ulteriore attuazione a livello nazionale, regionale e globale, e si sono impegnate a raggiungere entro il 2010 una riduzione significativa del tasso attuale di perdita della biodiversità, in modo da assicurare la continuità dei suoi usi vantaggiosi attraverso la conservazione e l’uso sostenibile delle sue componenti e la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche. I risultati però tardano ad arrivare. Peggio. I trend mostrano un’accelerazione, causata anche dagli attuali stravolgimenti climatici.

Cosa succede in Italia

In questo contesto, l’Italia non è da meno: hot spot di biodiversità soprattutto per la presenza di migliaia di specie endemiche di piante vascolari, il Bel paese ha aperto le porte ad un rapido tasso di conversione degli habitat naturali. In base al report “Lo stato della biodiversità in Italia: sampled red list e red list indexreport” promosso nel 2015 dal Ministero dell’Ambiente e Federparchi delle 2807 specie valutate, 596 sono a rischio di estinzione, pari al 21.2% del totale.

“Lo stato della biodiversità italiana – si legge nel documento – si è deteriorato negli ultimi decenni, tanto nei mari quanto sulla terraferma, come indicato dal declino dello stato di conservazione di pesci cartilaginei e mammiferi terrestri. Il declino in ambiente marino (dove è stato possibile risalire nel passato fino agli anni ’50 del secolo scorso) è avvenuto con ogni probabilità prima che in ambiente terrestre, dove la biodiversità era complessivamente in buono stato ancora nella metà degli anni ’80 del secolo scorso”.