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Federchimica, Responsible Care: Persone, Pianeta, Prosperità. Brillano le aziende con le tre P della Sostenibilità 

Presentato il Rapporto Responsible Care a Rimini, a margine di Ecomondo. Miglioramenti in crescita costante su salute, sicurezza, tutela ambientale da 25 anni per le aziende che aderiscono volontariamente al programma  mondiale

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 di Fabrizia Sernia

E’ un pianeta Terra green, quello raffigurato sulla prima di copertina del 25^ Rapporto  annuale Responsible Care di Federchimica, il programma volontario che l’industria chimica condivide a livello mondiale per migliorare le proprie performance, guidata dalle tre P della sostenibilità: Persone, Pianeta, Prosperità economica. Nel presentare il Rapporto Responsible Care, in occasione di Ecomondo, a Rimini dal 5 all’8 novembre, il Presidente di Federchimica, Paolo Lamberti,  ha sottolineato  come il documento  “consegni la fotografia di un settore profondamente responsabile, continuamente impegnato ad aumentare il benessere dell’uomo e la tutela dell’ambiente, cosciente di avere un ruolo fondamentale per il futuro della nostra società”. “Il nostro settore – ha sottolineato– è un modello di riferimento non solo per i risultati ottenuti, ma anche perché la chimica, come bene principalmente intermedio, trasferisce un’impronta sostenibile e tecnologica a tutti i settori industriali. Grazie ai prodotti chimici, solo per fare un esempio, è possibile evitare emissioni di gas serra per una quantità pari a tre volte quelle generate per la loro produzione. In concreto, in Italia, grazie ai prodotti chimici si possono evitare emissioni pari a quelle di circa 20 milioni di auto”. Una vera notizia. A  dispetto dunque di pregiudizi ancora diffusi e fake news, la chimica si conferma  uno dei rarissimi settori produttivi che nel corso degli anni ha macinato risultati estremamente positivi, sia in tema di riduzione delle emissioni ambientali, sia di risparmio idrico, efficienza energetica, gestione e  riciclo dei rifiuti ed economia circolare, raggiungendo già molti degli obiettivi fissati dall’UE entro il 2030. Inoltre, rispetto al fatturato, sono le imprese più green e sostenibili a realizzare i risultati migliori. Non si può parlare di industria chimica senza tuttavia valorizzare i risultati che ne fanno, da anni, un comparto virtuoso nella sicurezza e salute dei dipendenti, con un ridotto numero di infortuni e malattie professionali rispetto alle ore lavorate.

Se dunque partiamo dalla prima P della sostenibilità, quella di PERSONE, nel Rapporto Responsible Care scopriamo che nelle aziende chimiche, dal 2010  si è registrata una riduzione significativa degli infortuni,  con un dato stabile nell’ultimo triennio. Gerardo Stillo, Presidente Programma Responsible Care,   evidenzia come rispetto al 9,6% di infortuni  nell’industria chimica nel 2018, le 164 aziende aderenti a Responsible Care registrino un 6,1% di incidenti, di cui  il 36% in itinere. Gli infortuni in itinere sono quelli che accadono ad esempio nel tragitto da casa al lavoro e viceversa e rappresentano dunque, sul totale,  una percentuale significativa. In generale, “in oltre il 75% dei casi gli incidenti nelle aziende chimiche sono dovuti a cause comportamentali e all’errata percezione del rischio” – riferisce Stillo -. Nelle aziende chimiche, gli incidenti  ai lavoratori dovuti  ad agenti chimici rappresentano il 7,8%, e soltanto il 2,6% è causato da agenti termici, ovvero ad alte temperature. In sostanza, “solo” il 10,4% degli incidenti è dovuto all’attività, il resto ai comportamenti, meno attenti all’esterno dello spazio in cui si avverte il rischio. Anche sul fronte della tutela della salute dei lavoratori, il Rapporto Responsible Care  conferma un trend incoraggiante in atto da anni: l’industria chimica è tra i settori manifatturieri con la minor incidenza di patologie connesse allo svolgimento delle mansioni  in proporzione all’attività lavorativa effettuata. L’incidenza, pari allo 0,28% nel 2018, era pari a 0,43% nel 2010 e ad oggi è inferiore del 48% rispetto  all’industria manifatturiera. Tutto ciò, spiega il Presidente Responsible Care, “è il risultato di comportamenti virtuosi, misure tecniche e organizzative per ridurre drasticamente l’esposizione dei lavoratori ad emissioni e agenti nocivi, messe in atto a partire dagli anni ‘80 – ‘90. Quello che è accaduto in passato, che ha portato a  torto a ritenere la chimica brutta, sporca  e cattiva, era il frutto di processi produttivi degli anni ’60 e di patologie  con periodi di latenza di 20-25 anni”.

La seconda P della sostenibilità: Pianeta

E veniamo alla seconda P, quella di Pianeta. L’industria chimica  è già in linea con gli obiettivi dell’Unione europea sui cambiamenti climatici al 2020  (-20% a livello comunitario) e al 2030 (-40%). Ha ridotto le emissioni di gas serra del 59% e migliorato l’efficienza energetica di oltre il 55% rispetto al 1990.  Anche in quest’ultimo caso, il comparto ha già conseguito gli obiettivi Ue, con un incremento del 20% al 2020 dell’efficienza energetica e del 32,5% al 2030. Rispetto a 30 anni fa, le emissioni in atmosfera ed effluenti negli scarichi idrici si sono drasticamente ridotti, rispettivamente del 95% e del 77%. Grande attenzione è posta all’oro del pianeta, l’acqua. L’industria chimica si rivela  fortemente impegnata nella gestione efficiente delle risorse idriche. In particolare, i consumi d’acqua delle imprese  aderenti a Responsible Care, sono stati pari a 1.396 milioni di metri cubi, con un risparmio, rispetto al 2005, primo anno di una rilevazione attendibile, di circa 740 milioni di metri cubi. Dal 2005  il ricorso all’acqua pregiata si è ridotto di 20 milioni di metri cubi e l’acqua di acquedotto rappresenta oggi soltanto lo 0,8%  delle fonti utilizzate, con un valore di 13 milioni di metri cubi. Le imprese chimiche utilizzano l’acqua in prevalenza per il raffreddamento degli impianti. Per le imprese aderenti al Programma RC, l’approvvigionamento avviene da mari (79,1%) e fiumi (9,9%). La parte che non evapora   durante il processo di raffreddamento, viene restituita ai corpi idrici. Quanto alla gestione dei rifiuti,  le imprese chimiche e in particolare quelle aderenti a Responsible Care hanno già adottato i comportamenti virtuosi necessari per  perseguire il modello dell’Economia Circolare: impegnate a limitare la produzione di rifiuti, destinano il 24,3% a riciclo e il 37,3% a ripristino ambientale, riutilizzando i materiali di scarto nella stessa azienda e ricorrendo in minima  parte alla discarica (4,5% dei casi).  Per il Presidente   di Federchimica, Paolo  Lamberti, si tratta di  “risultati eccezionali, ancor più significativi considerato che sono stati raggiunti in un contesto istituzionale molto difficile”. Il  numero uno di Federchimica ha ricordato quanto “le inefficienze e gli oneri del Sistema Paese pesino su tutte le imprese, ma siano un fardello particolarmente gravoso per le imprese chimiche”. In presenza, ad esempio, di una normativa chiara, in linea con le regole europee dell’end of waste, che consenta  di utilizzare ciò che oggi è considerato rifiuto come materia prima seconda,  la percentuale di riciclo aumenterebbe in misura significativa, ha spiegato Gerardo Stillo. “Oggi, le cassette del pesce in polistirolo, scartate come rifiuto, con una norma idonea, se riciclate, consentirebbero di recuperare stirolo”- ha precisato a Rinnovabili.it.

Federchimica, Responsible Care: Persone, Pianeta, Prosperità. Brillano le aziende con le tre P della Sostenibilità 

La terza P della sostenibilità: Prosperità economica

E’ la sfida del secolo: combinare il rispetto dell’ambiente con la sostenibilità sociale ed economica. Federchimica è in prima linea, ma chiede collaborazione al Governo. Entrando subito nel cuore del problema, parlando delle proposte contenute nel DEF , il Presidente Lamberti ha ricordato  come “una manovra improntata alla tutela ambientale non si possa perseguire con tasse inique e inefficaci, che finiranno solamente per regalare il mercato ai concorrenti europei ed extra-europei. Serve una politica industriale di visione – ha avvisato – strutturata sul medio periodo, basata sulla ricerca, sullo sviluppo e sull’innovazione, che tuteli la competitività delle imprese, che è poi quella di tutto il nostro Paese”. Una competitività che va difesa ad ogni costo, perché capace, come si legge nel Rapporto Responsible Care, di “creare valore”. “Con la sua propensione a misurarsi con la sostenibilità  nella triplice dimensione  ambientale, sociale e di governance  e risultati in costante miglioramento, indipendentemente dalla congiuntura economica – concorda il Presidente del programma RC, Stillo –  la chimica dimostra  la leadership del settore  nel perseguire i risultati, creando valore in tutte le direzioni”.