Rinnovabili

Energie giovani impegnate a superare ipocrisie insostenibili

di Daniela Martinelli e Francesco Pigozzo

Pianeta è una giovane realtà associativa impegnata sui temi della sostenibilità e dell’energia, con sede a Pisa. Si tratta di un gruppo variegato di studenti universitari di varie discipline e provenienze, che organizza eventi, attività di divulgazione e di informazione attivando sinergie con aziende e università in tutta Italia.

Quali connessioni o contraddizioni vedete tra quello che vi occupa come individui (lavoro, ricerche, passioni, ossessioni…) e quello che vi pre-occupa come esseri umani che fanno parte di molteplici collettività, dal locale al globale?

Ciascuno di noi esiste come individuo e contemporaneamente come membro della propria comunità, ciò significa che è necessario far coesistere ed armonizzare questi due aspetti della propria vita. Le grandi sfide del nostro tempo sono molteplici, prima su tutte quella del cambiamento climatico. Tutto ciò piega naturalmente le inclinazioni dei membri della nostra associazione (passioni, corsi di studio) nella direzione di tale problema, portandoci alla disperata ricerca di una soluzione.

Una sfida tanto grande, infatti, non può certamente essere superata da uno solo di noi, ma con la strenua collaborazione di ciascuno. Questa nostra convinzione, però, pare talvolta scontrarsi con la realtà dei fatti di un mondo che sembra poco interessato a cosa stiamo andando incontro, o quantomeno non abbastanza coinvolto da fare ciò che veramente sia necessario. Tale dicotomia ovviamente emerge anche in noi ogni volta in cui non riusciamo a sforzarci di fare ciò che più è giusto per la globalità, in favore di cosa è più comodo per noi singoli in quel momento.

L’abitudine, nata spesso in un contesto con esigenze storiche o sociali diverse da quelle attuali, è anacronistica e allo stesso tempo difficile da sradicare, specialmente in funzione di un qualcosa di non sempre evidente per tutti, come il cambiamento climatico. La (s)fortuna è che il cambiamento climatico per i Paesi Occidentali è una presenza costante, ma di sottofondo.

Anche in ambiti come quello universitario vive forte la contraddizione: tutti sanno come certi modelli (industriali, energetici, chimici) non siano minimamente sostenibili sul lungo periodo eppure si continua ad insegnare e portare avanti un’idea di futuro in linea diretta con il passato, senza badare al prezzo altissimo che vi si nasconde dietro. Si vende ancora l’idea che ciò che conta è ottenere un certo risultato a qualsiasi costo, senza interrogarsi sulle ripercussioni, senza accettare la possibilità che l’unica soluzione sia un cambio radicale di direzione.

“Se tutti in tutto il mondo facessero così, diventerebbe impossibile fare così per chiunque”. “Continuando a fare così, ben presto noi esseri umani non potremo più fare così”. Che cosa vi evocano queste frasi?

Queste frasi mettono bene in evidenza come la questione ambientale ci presenti due aspetti chiave del nostro secolo: l’ennesimo e chiaro divario fra paesi del primo e del terzo mondo e l’insostenibilità dei modelli di vita attuali.

La riflessione sul divario sociale ci porta verso un modello ideale in cui tutti hanno le stesse possibilità; oggi crediamo sia necessario una riflessione ulteriore: a quali “stesse possibilità” ci stiamo riferendo?

Ammesso che nel XXI secolo il mondo condivida l’ideale di un Pianeta equo, la seconda riflessione porta allo scontro necessario fra l’ideale retorico e la questione concreta: quanti passi indietro siamo disposti a fare per permettere che tutti ne facciano uno avanti e diretto verso un Pianeta sano?

Al di là delle ipocrisie, crediamo sia difficile per tutti rispondere, specialmente per coloro che sono cresciuti nel modello occidentale agiato e pensiamo che accettare la difficoltà di rispondere a questa domanda, senza annegarla in pensieri politicamente corretti per paura di un giudizio, sia il primo passo per prendere coscienza e pensare realmente ad una soluzione.

A livello concreto ci sono molte cattive abitudini che, se venissero portate avanti da tutta la comunità, renderebbero insostenibile la vita che conduce essa stessa. Pensiamo agli sprechi di cibo, allo spostarsi con mezzi propri, al semplice lasciare il rubinetto aperto, ai mozziconi di sigaretta gettati sulle spiagge, alle microplastiche rilasciate dagli indumenti fast fashion, al consumo smodato di carne e alimenti di derivazione animale, al commercio online.

Fortunatamente è possibile fare anche una riflessione opposta: “Se tutti in tutto il mondo facessero così, diventerebbe finalmente possibile vivere in armonia con il Pianeta”. Questo concetto sta cominciando a diffondersi e ad aumentare la consapevolezza delle proprie azioni positive, che vengono condivise e avvalorate dalla comunità di attivisti e non solo. Purtroppo però, la diffusione di questo concetto positivo è molto più lenta dell’originale proposto, che fatica a scomparire.

Stanno finalmente guadagnando visibilità i problemi di sostenibilità biologica, economica, sociale, culturale che pesano sull’esistenza dell’umanità – eppure si tarda e si fatica troppo a prendere e attuare decisioni collettive conseguenti: non è che c’è qualcosa di insostenibile anche nell’organizzazione politico-istituzionale umana?

Probabilmente è necessario riconoscere come l’attuale organizzazione politico-sociale è strutturata: la maggior parte del mondo ricco, che definisce e guida le azioni globali in termini di sviluppo, ha un’organizzazione dello stato democratica, che implica intrinsecamente dei tempi per la definizione delle politiche da adottare per l’uno o l’altro problema; la pluralità delle culture unita ai tempi della democrazia ed alla carenza di potere (in alcune situazioni) di organismi centrali che regolano il dibattito, sta alla base della lentezza di queste decisioni, coadiuvata da un’economia mondiale di stampo capitalista che, da sempre, è influenzata da soggetti portatori di interessi.

Per questo il pianeta e le sue risorse si trovano ad essere trattate come elementi di proprietà, in un’ottica materialista, e al pari di essi vengono trattate economia e società. In linea con noi agiscono gli enti che ci governano, adottando policy che, per quanto possano risultare apparentemente giuste e corrette, sono prese sovente con il fine ultimo di avere un tornaconto di parte. L’unico modo di tutelare il pianeta che ad oggi sembra funzionare è colpire il portafoglio e far capire che gli sconvolgimenti globali di cui siamo artefici incidono anche su quello. Nessuno ci pensa, ma noi siamo le famiglie del Terzo Mondo, siamo la biodiversità della foresta pluviale, siamo il nostro pianeta, e saremo sostenibili solo se avremo interesse per ognuno di noi.

Concludendo, la sostenibilità va ricercata nel sistema nel suo complesso, per cui per affrontare l’insostenibilità della nostra società serve una visione d’insieme, cercando i nessi tra sostenibilità ecologica, economica e sociale, sopperendo come cittadini ed opinione pubblica alla miopia dei singoli governi.

Il cittadino quindi, in ottica democratica e collettivista, deve attivamente contribuire al dibattito in corso, intransigente rispetto all’attitudine della politica a procrastinare o proporre mezze soluzioni, utilizzando la conoscenza globale a portata di ognuno in modo critico.

Aiutateci per cortesia, pensando alla vostra esperienza, a costruire una risposta collettiva a questa domanda: che cosa è indispensabile sapere e cosa è indispensabile imparare a fare per un essere umano oggi?

Come parte costituente della società che ha cambiato profondamente gli equilibri ecologici, è fondamentale conoscere come quest’ultima impatti sull’ambiente, tramite un’informazione critica. È molto importante che ogni individuo all’interno della collettività eserciti la sua opinione in modo costruttivo, tramite un dialogo basato su dati su cui poter discutere oggettivamente. In un contesto sociale e tecnologico in rapida evoluzione è fondamentale un’istruzione scientifica di base come cittadini consapevoli, sia grazie alle scuole che alla divulgazione.

Dalla giusta istruzione sarà possibile sviluppare la consapevolezza per quanto riguarda il peso delle nostre scelte, sul Pianeta, sulla società e sulla nostra salute. Da qui il pensiero si allarga e vorremmo rispondere per punti.

Oggigiorno è indispensabile acquisire:

In molti di questi punti ci ritroviamo come membri dell’associazione PIaneta, ma c’è sempre molto lavoro da fare e nel nostro piccolo vogliamo fornire gli strumenti necessari a tutti gli studenti e professionisti che interagiscono con noi per acquisire le suddette conoscenze.

Letture per approfondire. Pianeta ha una comunità su Facebook, dove vengono postati contenuti e informazioni: https://www.facebook.com/PIanetaEnergy/ Sul sito dell’associazione si trova anche una sezione dedicata agli articoli pubblicati: https://www.pianetaenergy.org/articoli

Chi volesse reagire a queste risposte, ponendo altre domande ai ragazzi e alle ragazze di Pianeta, ci scriva a formazione@rinnovabili.it. Alla luce delle loro riflessioni, noi poniamo queste ulteriori domande che valgono anche per tutti i nostri lettori:

“Ciascuno di noi esiste come individuo e come membro della propria comunità”: a quale comunità vi riferite? Non credete che in ciascuno di noi se ne intersechino in realtà molteplici?

Oltre ai “cambiamenti climatici”, quali altri aspetti differenti ma di comparabile portata sottolineereste nella crisi ecologica sistemica che stiamo vivendo e che è inequivocabilmente determinata dall’azione umana sul Pianeta?

Siamo in grande sintonia con la vostra risposta sulle frasi relative al “fare così”, non pensate però che il soggetto di entrambe le frasi non siamo soltanto noi singoli individui ma anche quelle individualità collettive, di natura privata o pubblica, che spesso condizionano massivamente i comportamenti degli individui stessi?

Avete sottolineato che uno dei colli di bottiglia istituzionali di fronte alla necessità di cambiamento è la lentezza dei sistemi democratici. Non credete che, al contrario, il problema possa consistere nell’assenza di democrazia alle scale decisionali adeguate ad affrontare strutturalmente i problemi? In altri termini: non è che ciò che appare come “lentezza” è invece l’impotenza della democrazia, poiché confinata a livello dei singoli Stati e invece assente nelle relazioni tra di loro? O, infine, la “miopia dei governi” che voi stessi sottolineate è davvero un fatto di scelte e comportamenti di chi incarna i relativi ruoli, o non è piuttosto un fatto di limiti strutturali per quei ruoli a prescindere da chi li svolge, limiti legati alla persistenza di una “anarchia internazionale” in cui è sistemicamente impossibile pensare, confrontarsi e agire come comunità umana?

Rispetto all’educazione scientifica, non vi sembra che ne dovrebbe far parte integrante anche la consapevolezza della storicità e della conflittualità (collegata a dinamiche di potere di vario tipo) che caratterizza anche lo sviluppo della scienza come ogni altra attività umana?  

Exit mobile version